Quella con Pinerolo e il volley del Pinerolese è stata una storia d’amore intensa. Una passione intensa, che, come talvolta accade, si è chiusa prima del tempo. Per coach Michele Marchiaro, a maggio del 2026, sarebbero stati 7 anni sulla panchina dell’attuale Monviso Volley (ex Unionvolley). Ma il 26 novembre è arrivato l’esonero per uno dei simboli di questa cavalcata di successo dall’A2 ai play-off di due anni fa in A1.
Come era Marchiaro quand’è arrivato a Pinerolo e come ne esce oggi?
“Arrivavo dal Cus con grandi ambizioni: volevo arrivare in A1. Era un obiettivo professionale chiaro e sentivo il bisogno di entrare in una società più strutturata. Tutto è nato grazie a Gianni Fattori nel suo ufficio con una stretta di mano. Da lì è nata una fiducia inconsueta nel mondo dello sport. Un racconto lungo 7 anni. Nel primo anno in A1, mentre lottavamo per la salvezza, abbiamo rinnovato il contratto legando i nostri destini nella buona e nella cattiva sorte. Siamo cresciuti insieme e, grazie a quella opportunità, ho imparato davvero cosa significa lavorare in serie A”.
Quali sono stati i momenti più belli?
“I momenti belli sono stati tanti. Penso al quarto di finale di playoff di due anni fa perso 3-2 con Milano, o al 3-2 a Conegliano nella mia prima stagione in A1, con il palazzetto intero che inneggiava a Pinerolo. Sono tanti bei ricordi. Tanti flash alla rinfusa in questo momento. Oggi metterei al primo posto l’incredulità della salvezza arrivata matematicamente via etere dal risultato di Perugia-Conegliano. Il palazzetto è esploso. Trenini, fuochi d’artificio. Quasi surreale”.
E quali i momenti più brutti?
“Purtroppo le sconfitte più brutte tendono a fissarsi nella memoria, forse perché devono sempre insegnarci qualcosa. Anche qui sono dei flash difficili da cogliere. Poi ci sono i momenti. Quest’anno il periodo più difficile è stato il precampionato e a seguire un calendario di andata fortemente penalizzante. Poi, all’inizio del campionato, si è infortunata Battistoni che al di là delle partite ha condizionato molto il livello dell’allenamento. È stato come partire per una tappa di montagna con il Mortirolo e ritrovarsi subito con il sellino staccato (ride, ndr). Peccato perché la parte più dura era fatta. Sono convinto che invertendo andata e ritorno ora racconteremmo una storia diversa”.
Come ha vissuto l’esonero?
“L’esonero è una medicina amara che ogni allenatore, prima o poi, deve prendere. Ti rende più completo. All’inizio è strano. È come se ti togliessero all’improvviso un enorme peso dallo zaino. Ci ho riflettuto. La cosa più difficile per un allenatore, infatti, è dover scegliere ogni settimana chi gioca e chi resta fuori. Ma poi arriva la frustrazione vera: non poter portare a termine il viaggio, non poterlo fare insieme allo staff, alla società, alle giocatrici e ai tifosi. A breve arriverà la voglia di ricominciare”.
Cosa ha fatto domenica 30 novembre, la prima senza panchina?
“Quella domenica sono andato a camminare nei boschi. Stavo troppo male. Non sono riuscito a guardare nemmeno una partita di pallavolo. È stato il momento più difficile”.
Dai pochi cambi a una scarsa grinta con le ragazze, sono diverse le accuse in questi anni…
“Ne ho sentite di tutti i colori in questi 25 anni. Ma solo il lunedì con il senno di poi (sorride, ndr). Alla fine quando scegli veramente sei sempre solo. Non bisogna mai avere paura di essere autentici. Questo è l’unico suggerimento che darei ad un giovane allenatore. Inoltre, nessuno sa davvero cosa c’è dietro certe scelte o cosa succede in allenamento, o le notizie che arrivano dai fisioterapisti o dalla programmazione fisica: si vede solo la punta dell’iceberg. Io ho un mio modo di vivere l’agonismo e la dimensione del risultato. lo spiego sempre con la stessa metafora. quando sei a
10.000 metri e incontri turbolenze, meglio vedere un equipaggio agitato o uno che rimane calmo? L’unica cosa sicura è tutti gli allenatori scelgono pensando sempre il meglio per la loro squadra”.
I tifosi nella gara di domenica 30 novembre con Vallefoglia le hanno dedicato un coro
“Con i tifosi ci siamo scritti spesso. A loro va un ringraziamento speciale: sono sempre stati al nostro fianco e non ci hanno mai abbandonato. Sono stati un esempio per noi. Ma oggi è impossibile ringraziare tutti, amici tifosi colleghi giocatrici che mi hanno scritto o chiamato. Rischierei di dimenticare qualcuno”.
Vedremo ancora Marchiaro in A1?
“In questo momento non sto pensando alla pallavolo. Ho bisogno di dedicarmi alle persone che sono rimaste ferite da questo esonero. Mia moglie Roberta in primis, i miei famigliari. Un pensiero
va a Gustavo Gallotti che ha dato delle dolorose dimissioni. Lavoravamo insieme da 7 anni e torneremo a farlo. Non ho fretta. Mi piacerebbe rientrare in un progetto lungo, serio, capace di regalare nuove soddisfazioni. Sono sicuro che arriverà qualcosa di stimolante”.














