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io_viaggio_leggero | 13 settembre 2025, 07:00

Mauritius, non solo spiagge da cartolina

In questa rubrica troverete interviste a viaggiatori e racconti di viaggio vissuti in prima persona. Luoghi da scoprire, avventure emozionanti e storie di vita. Se hai un’esperienza da raccontare… scrivi a: ioviaggioleggero@gmail.com

Il primo incontro con Mauritius avviene dall’alto, quando l’aereo inizia la discesa e l’isola appare come un frammento verde sospeso nell’Oceano Indiano. Le montagne vulcaniche emergono all’improvviso, avvolte da nuvole leggere, mentre le lagune si aprono in cerchi di turchese che sfumano nel blu profondo. È un paesaggio che sembra inventato, eppure basta toccare terra per capire che qui c’è poco di  artificiale.

Al mattino il risveglio è accompagnato da un silenzio diverso da quello di casa, fatto di palme e di mare. Camminare verso la spiaggia significa entrare in un tempo sospeso: gli ombrelloni di paglia, il cielo incerto tra luce e nuvole. Le giornate iniziano così, senza fretta. Le persone del posto si muovono con la stessa calma, come se l’isola imponesse un ritmo proprio. Non è lentezza, ma un modo diverso di abitare il tempo: senza rincorrerlo, senza strapparlo via. Se le mattine invitano all’ascolto, i tramonti sono pura contemplazione. Sdraiati sulla sabbia, una bevanda fresca in mano, guardiamo il cielo incendiarsi di arancio e rosso. I colori si riflettono sull’acqua immobile, le barche restano ferme nella laguna. È un teatro naturale senza spettatori rumorosi: solo sguardi, respiri profondi e la certezza che quei minuti non torneranno. Mauritius, in quell’istante, si rivela nella sua forma più semplice e universale: un invito a guardare senza bisogno di altro.

L’isola però non è solo questo. L’entroterra racconta una storia antica, geologica e agricola. A Chamarel, la Terra dei Sette Colori si apre come un quadro naturale: dune di sabbia che sfumano dal rosso al viola, dall’ocra al marrone. Intorno, la vegetazione tropicale incornicia lo scenario, rendendolo surreale. Qui non c’è mare, non ci sono resort: c’è solo la memoria della terra, figlia di un passato vulcanico che ancora pulsa sotto la superficie. Poco distante, un’altra esperienza racconta la ricchezza di questa zona: la distilleria. Tra barrique di legno e profumi intensi, il rum si assaggia come si assapora un frammento dell’isola. Canna da zucchero coltivata sotto il sole, acque pure delle montagne e un sapere antico creano questo liquore, in puro stile agricole. Ma la memoria coloniale non riguarda solo la distillazione del rum. Nell’entroterra ci sono vecchie tenute francesi, magazzini di zucchero trasformati in spazi culturali. Tracce di un passato che continua a convivere con l’energia vitale dell’isola.

Un altro volto di Mauritius emerge a Grand Bassin, il lago sacro per gli induisti mauriziani. La strada sale tra foreste fitte e improvvisi squarci di cielo. Quando si arriva, la nebbia avvolge tutto come un velo: l’acqua scura riflette statue gigantesche che emergono dalle nuvole. Shiva con il tridente, alto venti metri, accoglie i pellegrini che percorrono chilometri a piedi per arrivare fin qui, soprattutto durante il Maha Shivaratri. Poco distante, Surya su un carro di cavalli argentati ricorda la presenza costante del sole, anche quando il cielo sembra negarlo. Camminare attorno al lago, tra templi e altari, significa toccare una spiritualità che non chiede appartenenze. Anche chi arriva da fuori percepisce il legame profondo con questo luogo.

Dopo la montagna, si torna al mare. Un’escursione su una piccola barca bianca, con un tetto di lamiera decorato di foglie di palma, ci trasporta tra isolotti e mangrovie. L’acqua cambia colore di continuo: verde smeraldo vicino alla riva, azzurro intenso nelle aperture più profonde. A bordo, anche uomini e donne del posto, abituati a quel paesaggio che per noi è una scoperta continua. C’è chi osserva l’acqua, chi incrocia le braccia e fissa l’orizzonte, come se il mare fosse un libro già letto mille volte. Noi, invece, non smettiamo di sfogliarlo. L’isola è anche un mosaico di culture che convivono ogni giorno. Lo si percepisce a Port Louis, la capitale, con le sue strade caotiche e il miscuglio di lingue, volti e profumi. Un carretto di legno, con insegne in francese e inglese, offre succo di frutta appena spremuto. In fila, turisti e abitanti si mescolano senza distinzione: cocchi verdi, ananas, papaie e manghi vengono affettati al momento, trasformati in bicchieri colmi di freschezza. Anche la cucina racconta l’isola: curry di pesce su foglie di banano, farata speziate, dolci di riso accanto a piatti europei. Sapori diversi che convivono senza primeggiare.

Mauritius sfugge ad una definizione semplice. È mare e montagna, spiritualità e piacere, lentezza e vitalità. È il tramonto che brucia l’orizzonte e la nebbia che avvolge i templi. È il sorriso di un venditore ambulante e lo sguardo serio di un pescatore in barca. Viaggiare qui significa lasciarsi attraversare da queste diversità, accettare che non esista un’unica immagine dell’isola da portare a casa. Non è solo un paradiso tropicale: è un luogo che vive a più livelli lo stesso tempo.

IN & OUT  MAURITIUS

Porta con te

  • La Voglia di Rum
  • Un Buon Paio di Scarpe per camminare 
  • Una Giacca per la Pioggia

Lascia a casa 

  • La voglia di spaghetti
  • Il Maglione
  • La Lonely Planet (sarebbe un peso inutile)

Valutazione : 3 zaini

Legenda

1 zaino (meglio andarci in vacanza )

2 zaini  (merita un viaggio ma..)

3 zaini  (vale il viaggio )

4 zaini  (viaggio da non perdere )

5 zaini  (vale più di un viaggio)

Marco Di Masci

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