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Economia e lavoro | 19 gennaio 2021, 07:33

Effetto pandemia sulle imprese: nonostante i ristori, nel 2020 in Piemonte ne sono 'sparite' mille. "Vince l'incertezza"

Unioncamere registra un calo importante sia nelle iscrizioni che nelle cessazioni. Il presidente Coscia: "Dubbi e paura fanno male a qualsiasi sistema economico"

Numeri di un bilancio

Numeri pesanti per le imprese in tutto il Piemonte

E' l'effetto della pandemia, che si misura anche in numero di aziende che non hanno superato il 2020. Quasi mille, per la precisione 917, secondo l'ufficio studi di Unioncamere Piemonte, che nei suoi calcoli di fine anno ha registrato un calo nelle cessazioni, ma anche nelle iscrizioni. Da qui il saldo negativo, nonostante ristori, sostegni e provvedimenti speciali presi dal governo durante l'emergenza Covid.

In particolare, nel 2020 siano nate 20.942 aziende in Piemonte, il 19,4% in meno rispetto alle 25.972 nuove iscrizioni registrate nel corso del 2019. Le cessazioni invece sono state 21.913 (il 20,3% in meno rispetto alle 27.489 del 2019), proseguendo la lenta - ma continua - erosione del tessuto imprenditoriale locale. Lo stock complessivo di attività operanti sul territorio regionale, oggi, è di 426.314 unità, confermando il Piemonte in 7ª posizione tra le regioni italiane, con il 7% delle imprese nazionali.

Il tessuto imprenditoriale piemontese è paralizzato dall'incertezza perché l'andamento della pandemia non permette di programmare il futuro. Da un lato gli imprenditori non possono scommettere su nuove aperture e su nuove attività, dall'altro non hanno garanzie e certezze sulla durata dei provvedimenti istituzionali in tema di lavoro e dei ristori messi in campo dal Governo - commenta Gian Paolo Coscia, presidente Unioncamere Piemonte - A regnare sono il dubbio e la paura che fanno male a qualunque sistema economico. Le istituzioni, come le Camere di commercio, non possono che continuare a sostenere i loro imprenditori, fornendo tutto il supporto per creare, far crescere e tutelare la propria attività. Le strade che dobbiamo percorrere sono quelle dell'innovazione e del digitale: solo così potremmo decidere il nostro futuro" .

Per stabilire l’entità degli effetti prodotti nel 2020 dalla crisi pandemica sul tessuto imprenditoriale, però, sarà necessario attendere le risultanze del primo trimestre del 2021. Tradizionalmente, infatti, le comunicazioni di chiusura dell’attività pervenute al Registro delle Imprese a fine anno vengono statisticamente conteggiate nel nuovo anno.

Per ora, a livello di forma giuridica si evidenzia una sostenuta espansione delle società di capitale (+2,28%), una tenuta delle "altre forme" (categoria all’interno della quale troviamo per esempio le cooperative) e un calo delle realtà meno strutturate: imprese individuali (-0,43%) e società di persone (-1,87%).

A livello di settori, invece, qualche impulso arriva dai cosiddetti "altri servizi", che registrano un +0,98%, seguono il turismo (+0,74%) e le costruzioni (+0,83%). Per quest’ultimo settore va considerata anche la spinta fornita dalle nuove detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio.

Le cattive notizie arrivano dal commercio, che segna un tasso del -1,04% (e i timori non sono finiti, come hanno dimostrato le dichiarazioni provenienti da Epat e Ascom Torino durante il flash mob di questa mattina). Industria e agricoltura mostrano però le flessioni più consistenti, rispettivamente pari a -1,46% e -1,47%.

Non ci sono grandi differenze a livello di territorio. Solo Torino segna una sostanziale stabilità (+0,16%). Il nord est patisce di più del resto della regione. Le flessioni più significative si registrano a Vercelli (-0,85%), Alessandria (-0,84%), Verbania (-0,80%) e Biella (-0,77%). A Cuneo il tasso si attesta al -0,61% e ad Asti al -0,51%. Novara mostra, infine, una flessione più ridotta (-0,26%).

Massimiliano Sciullo

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