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Attualità | 14 aprile 2024, 09:00

STORIE DI MONTAGNA/6: Michela e la sua stalla “più alta d’Europa”

La riscoperta di una tradizione di famiglia, sulle montagne olimpiche

Michela Blandino e la sua stalla a Bessè Alto

Michela Blandino e la sua stalla a Bessè Alto

Ho conosciuto Michela Blandino una mattina davvero particolare. La notte prima del nostro incontro, infatti, era scesa una copiosa nevicata.

Mentre salivo con fatica fino a Sestriere, un Comune che si trova sul colle omonimo a cavallo della Val Chisone e della Valle di Susa, per raggiungere la sua stalla, avevo mille domande e, la mia curiosità nel capire il perché di una scelta così estrema, aumentava ad ogni tornante.

Arrivata in cima, per arrivare al luogo del nostro incontro ho dovuto cercare una piccola località denominata Bessè Alto, che fa parte del Comune di Sauze di Cesana, nelle montagne olimpiche, della provincia di Torino.

Mentre mi perdevo tra mille stradine ho visto una ragazza che a piedi percorreva la strada: era lei. Sono scesa dall’auto e ci siamo presentate. Ci sono due chilometri da fare a piedi, tra casa sua e la stalla, a 1.980 m. slm, ed è “la più alta d’Europa”.

Ho parcheggiato l’auto e, siccome mancava un po’ di percorso per raggiungere la stalla, le ho fatto compagnia e affondando i piedi nella neve, ho ascoltato la sua storia, che oggi racconto.

Le origini di questa giovane allevatrice sono di questo posto. Già i suoi trisnonni si occupavano di allevamento e vivevano in montagna tutto l’anno. Anche i suoi nonni.

Poi arriva una generazione che ferma l’attività di allevamento, e nessuno della famiglia continua, così l’azienda viene chiusa.

A 22 anni Michela decide di riaprire un allevamento. Il primo anno prova a restare in montagna con 10 mucche, capisce di potercela fare, nonostante nessuno ci credesse, e da lì parte la sua attività e i capi aumentano. Nasce la Società Agricola Bessenese, che risponde al 339 6383716.

I primi anni munge e produce formaggi, in particolare il famoso Plaisentif, che viene chiamato “formaggio delle viole”: una toma particolarmente profumata proprio perché viene prodotta nel mese di giugno e solo fino alla fine di luglio, quando i pascoli sono ancora ricchi di bei fiori viola. Viene venduto a fine settembre, quindi la sua stagionatura è di pochi mesi. Un formaggio che ha un suo marchio e che rientra in un disciplinare molto rigido. Tutelato e curato in qualità e produzione, spesso è introvabile.

L’insegnante di Michela è la nonna, lei ha aggiunto una grande grinta e tanto coraggio. Quando sono entrata nella sua stalla, e ci siamo sedute intorno al tavolo, il caffè stava salendo, ho visto in questa donna tutta la sua forza.

Oggi ha 33 anni, sono 10 anni che porta avanti questo lavoro.

Dopo gli studi di Agraria, a Osasco, a 19 anni entra in fabbrica e ci lavora per due anni, ma l’unica strada che vedeva per il suo futuro era portare avanti il mestiere di famiglia, il resto non era il suo posto.

“Quando ho preso questa decisione, mia nonna, non voleva: per una settimana non mi ha parlato! – mi dice Michela –. Lei sapeva bene che cosa voleva dire e non desiderava per me quella vita. Solo che io avevo un istinto, io lo chiamo ‘il sangue, il dna’, e volevo fare questo mestiere. Spesso la società ci porta a fare delle scelte che non ci appartengono, che vanno contro la nostra natura, all’inizio è facile assecondarle, ma poi, almeno per me, è stato inevitabile non seguire quello che voglio essere”.

Mi racconta di avere avuto dei momenti difficili, istanti in cui ha pensato di mollare tutto, ma le lacrime che accompagnavano quella scelta, l’hanno sempre fatta tornare sui suoi passi.

Oggi, insieme a suo marito Massimo, che fa il trasportatore, in questa stalla incastonata tra le montagne, c’è tutta la vita di Michela, diventata mamma da nove mesi: è felice della sua scelta. Si occupa lei di tutto, perché il marito fa un altro lavoro. Nel fine settimana la famiglia si riunisce e Massimo l’aiuta nelle faccende che per lei è impossibile fare da sola.

Quassù si produce carne di montagna di castrato piemontese. Gli animali trascorrono in altura la loro vita, pascolando tra le cime, rispettati e accuditi in ogni modo possibile.

Il benessere è al centro della vita degli animali di questa azienda: qui non siamo in un allevamento intensivo.

“Quassù è tutto più complicato: portiamo il letame a valle, il fieno deve arrivare con il camion, d’inverno ci sono i parti e d’estate c’è il pascolo. Per fortuna, tutti i trasporti li fa mio marito, se no avrei dei costi impossibili.”

Mi racconta mentre visito la grande stalla, una struttura che ha fatto costruire Michela, una vera impresa, durata parecchio tempo, che l’ha messa a dura prova.

 “La proporzione lavoro-sacrificio è davvero molto grande: il lavoro lo fai perché hai la passione, ma il sacrificio, soprattutto quello relativo al tempo libero che ti manca, non sempre è facile. Ciò che conta è essere una famiglia per non sentirsi soli e andare avanti”

Michela non è un’eroina, non voglio descriverla come tale, per me è stata una bella scoperta, e se lei è quassù è una sua scelta e io non posso che ammirarla.

Nel mio viaggio tra le montagne di donne ne ho incontrate molte, da tutte ho cercato di imparare qualcosa e ognuna mi ha lasciato un segno.

Michela, conosciuta nella stalla più alta d’Europa, davanti ad un caffè fumante servito in una cucina davvero speciale, mi ha fatto capire come, anche se difficile e apparentemente impossibile, assecondare ciò che siamo sia il segreto per essere felici.

Cinzia Dutto

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