“Quando io non me la sentirò più, chi si occuperà di tenere viva la memoria?”. È il cruccio di Italo Bernardi, 85 anni compiuti lo scorso 2 gennaio. È lui a occuparsi da 30 anni dei rifugi antiaerei di Perosa Argentina, accompagnando i visitatori alla scoperta dei tunnel dove i residenti si rifugiavano dai bombardamenti nella seconda guerra mondiale. Comune e Pro loco hanno già cercato di dargli un sostegno in passato e stanno valutando nuove soluzioni per il futuro.
Storia e riscoperta
“Eravamo più o meno a metà degli anni Novanta, facevo parte della Pro Loco di Perosa Argentina, Luca Bergesio era presidente e suo papà cassiere” racconta Bernardi, originario del Veneto ma cresciuto a Perosa Argentina proprio nelle case chiamate ‘case venete’ per l’alta presenza di immigrati provenienti da quella Regione, richiamati dall’allora fiorente attività industriale perosina.
Le ‘case venete’, con doppio ingresso su via Roma e via Matteotti, ospitano al loro interno i rifugi antiaerei costruiti fra il 1943 ed il 1944; il luogo fu scelto in quanto il più popolato del paese, e vicino al setificio Gütermann, che era considerato obiettivo sensibile perché la seta serviva per la produzione dei paracadute.
“Ho proposto di recuperare la memoria di questo rifugio antiaereo, di renderlo visitabile, perché potesse testimoniare ciò che è stato – prosegue Bernardi –. Io ero bambino, ma mi ricordo bene quei tempi e la paura che attanagliava soprattutto gli adulti. A Perosa abbiamo anche un altro rifugio, legato al cotonificio, che si trova al Parco Gay, ma non è più agibile perché è a rischio crollo”.
La costruzione del rifugio è costata complessivamente 450mila lire ed è stata affidata alle Industrie Gütermann. Venne effettuata rispettando le disposizioni imposte dal governo fascista in materia di protezione antiaerea.
Lungo 138 metri e con una cubatura di 395 metri cubi, era omologato per ospitare 344 persone: “Ma ricordo benissimo come nella realtà ne ospitasse molte di più, tutti accatastati, messi ‘per taglio’, per riuscire ad entrarci tutti” sottolinea Bernardi, che nel tempo è divenuto la memoria storica vivente del rifugio, e di buona parte della storia perosina, da appassionato collezionista di fotografie ed altro materiale storico.
Le prime visite e l’allestimento
Bernardi spiega come le prime visite, cui hanno subito partecipato anche le scolaresche, siano state fatte in un rifugio completamente spoglio e buio, con il solo ausilio delle torce. “Per la riapertura abbiamo portato via due camion di rifiuti vari, perché nel frattempo il ruolo del rifugio era caduto completamente nel dimenticatoio, e proprio all’ingresso era posizionato un bidone dei rifiuti che serviva per il condominio, ma poi con la maleducazione della gente i rifiuti erano tutto intorno – sfoglia le pagine del passato Bernardi –. Dopo un anno circa, Luca (Bergesio, ndr) ha realizzato l’impianto luci, posizionato le prime panche e portato anche un lettore cd, nel tempo sostituito da un impianto più moderno, attraverso il quale i visitatori possono sentire il suono della sirena, il rumore delle bombe che esplodono e una voce narrante che racconta di quei momenti”.
Negli anni Bernardi ha aggiunto panche, sedie, numeri plastificati a ricordare le persone ospitate; ha allestito un angolo infermeria, ed un altro con una collezione personale di fotografie, bombe, elmetti, uniformi militari ed altri cimeli dell’epoca.
Guida i visitatori fra quei cunicoli che conosce a memoria, e condisce il tutto con i ricordi della sua esperienza diretta, come quando si giunge al camino dell’uscita di sicurezza alto 17 metri, mai usato come uscita di sicurezza, “ma qui si cucinava”.
Riapertura in primavera ed incertezza sul futuro
“Dal prossimo 25 aprile ricomincerò con le visite e l’apertura ogni fine settimana. Le ultime sono state lo scorso mese di novembre, nel frattempo ho ricevuto qualche richiesta, ma salvo gruppi di almeno sei o sette persone, aspetterò la primavera” anticipa. E orgoglioso mostra firme e testimonianze dei visitatori: provengono da svariate zone d’Italia, solo nell’ultima pagina si possono leggere Sanremo e Reggio Emilia, ma anche dall’estero. Ma la voce, a un tratto si fa un po’ malinconica e lo sguardo pre