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Economia e lavoro | 04 gennaio 2023, 12:36

Nella calza della Befana carbone e carburanti da urlo: 2 euro al litro a Torino e "stangata da 450 milioni, senza lo sconto del Governo”

Il presidente di Faib, Nettis: “Con il ritorno alle accise piene, nuove difficoltà per famiglie e imprese. Ma non si dovevano abbassare le tasse?”

benzinaio - foto d'archivio

Faib-Confesercenti: “Benzina e gasolio tornano a sfiorare i 2 euro al litro, stangata da 450 milioni”

Una stangata da 450 milioni. Se non è il carbone nella calza della Befana, sono i suoi "simili" a far piangere i torinesi: con lo stop allo sconto sulle accise, non confermato dal nuovo governo Meloni, fare il pieno significa di nuovo mettere mano al portafoglio.

Il livello per benzina e diesel, infatti, è tornato a toccare i due euro al litro anche in città e in Piemonte. E a incidere è la decisione del governo di reintrodurre la quota piena delle accise: 30 centesimi "secchi" in più per un litro di carburante rispetto allo scorso marzo (quando ci fu il primo taglio delle accise) e di 18 centesimi rispetto a dicembre. Secondo i calcoli di Confesercenti Torino, "un’altra stangata da quasi mezzo miliardo di euro per le famiglie piemontesi".

Confesercenti stima 300 euro di maggiori costi per famiglia

Secondo le stime dell’ufficio studi dell'associazione di categoria, ogni famiglia pagherà 300 euro in più nell'arco dell'anno rispetto a marzo 2022 e ogni pieno costerà 15 euro in più rispetto a 10 mesi fa. C’è poi da considerare l’effetto traino che gli aumenti provocheranno sul costo di tutti i beni di consumo e sull’inflazione, che è già a livelli preoccupanti: il ripristino delle accise piene nel 2023 avrà un impatto inflattivo dello 0,4% e costerà ai piemontesi 450 milioni di euro.

L'allarme dei benzinai: "Ma non si dovevano abbassare le tasse?"

Una situazione che non può non spaventare gli stessi addetti ai lavori, che tutti i giorni hanno a che fare con gli automobilisti in cerca di rifornimento. “Considerato che siamo ancora in piena crisi energetica – dice Enzo Nettis, presidente di Faib-Confesercenti, l’associazione dei gestori delle pompe di benzina – e che la guerra continua, c’è il rischio concreto di nuove impennate delle quotazioni sui mercati internazionali, con ulteriori aggravi per famiglie e imprese. Ma questo non doveva essere il governo della riduzione della pressione fiscale? Per ora sembra il solito giochetto di dare – forse – con una mano, ma – sicuramente – di togliere con l’altra. Invano abbiamo sperato che la riduzione delle accise, pur decisa sull’onda dell’emergenza, potesse diventare permanente e strutturale".

Il peso (anche) sulle imprese

Le conseguenze, come accennato, non saranno poi limitate al singolo rifornimento, ma finiranno per distribuirsi a cascata su tutta la società. Comprese le attività produttive che dovranno sostenere costi maggiori per la logistica e i trasporti. “I gestori – continua Nettis – non determinano il prezzo e a loro, a prescindere dal prezzo alla pompa, vanno sempre e soltanto 3,5 centesimi lordi al litro. Insomma, con gli aumenti ci perdono tutti: i consumatori e le imprese, ma anche benzinai perché più cresce il prezzo meno prodotto si vende; già in questo inizio d’anno la riduzione dell’erogato si avvicina al 5%. Senza contare che l’aumento dal valore del transato farà schizzare anche il costo delle commissioni di bancomat e carte di credito, con cui nelle stazioni di servizio si fanno ormai 8 pagamenti su 10. A ciò si aggiunga che negli ultimi nove mesi abbiamo sostenuto l’anticipo del taglio delle accise, senza che a oggi ci sia stata riconosciuta alcuna compensazione, come abbiamo più volte chiesto".

L'appello al governo e al ministro "piemontese"

Ci aspettiamo – conclude Nettis – un’urgente convocazione da parte del governo, come promesso dal ministro Gilberto Pichetto Fratin: in ballo c’è il futuro della mobilità del Paese, della logistica e delle persone, oltre quello di 250 mila addetti nelle stazioni di servizio, nella raffinazione e nell’indotto del settore”.

E le preoccupazioni sono condivise anche dal mondo dell'auto trasporto, soprattutto artigiano. Una categoria che con il 2023 deve misurarsi anche con gli aumenti delle tariffe di pedaggi autostradali (e i soliti cantieri). “Molte imprese del trasporto del Piemonte devono percorrere le autostrade A6, A10 e A26 tra rallentamenti e strettoie subendo, per questa situazione di disagio, forti contraccolpi economici - commenta Giovanni Rosso, presidente Confartigianato Piemonte Trasporti -Un sistema logistico traballante, che è sempre lo stesso da molti decenni e che rischia di penalizzare le imprese dell’autotrasporto del Piemonte che devono transitare in Liguria per lavoro. A fronte, però, dei rincari che si verificano ormai puntualmente ogni inizio dell’anno, non abbiamo percepito nessun segnale di miglioramento del servizio di manutenzione della rete autostradale. Voglio ricordare che la nevicata che si è verificata prima di Natale, ampiamente prevista dalle previsioni meteo, ha causato notevoli disagi sulle strade e autostrade, immobilizzando per ore la circolazione, quando si poteva prevenire e intervenire con lo spargimento del sale. Queste situazioni da Terzo mondo non sono più tollerabili”.

Allarme confermato anche da Cna: “I piccoli autotrasportatori non hanno la minima forza contrattuale nei confronti dei grandi player della GDO (Supermercati) e non avendo questa forza nei confronti della committenza è chiaro che l’aumento dei costi verrà scaricato sugli autotrasportatori stessi - dicono Costantino Spataro, responsabile FITA CNA Piemonte e Silvano Favi, presidente autotrasporto FITA CNA Piemonte -. Un esempio: se io lavoro per un supermercato, non posso aumentare la fattura alla logistica del supermercato. Questo però non vuol dire che i prodotti venduti al dettaglio non subiranno aumenti in quanto, con il presunto rincaro della voce “costo del trasporto”, i consumatori finali troveranno i prezzi maggiorati. Insomma qualcuno gli aumenti li incasserà ma non saranno certo gli autotrasportatori. È quindi prioritario lanciare l’allarme rispetto al tema della speculazione che rischia di colpire nuovamente la micro impresa e i consumatori finali come più volte avvenuto e da noi denunciato nel recente passato”.

Massimiliano Sciullo

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