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Attualità | 14 agosto 2021, 14:36

Dalla Bielorussia, dagli Stati Uniti e altri paesi ancora... la Casa col Forno continua ad offrire ‘rifugio’ agli artisti

A Rorà da un po’ di tempo mancano gli artisti russi ed è in sospeso il progetto dello scambio con la Cina. Tuttavia non mancano gli ospiti internazionali e i progetti per lavorare di più con il territorio

Land Art alla Casa col Forno di Rorà

Land Art alla Casa col Forno

È probabilmente la casa più cosmopolita di tutta la Val Pellice e ha patito solo per un breve periodo le conseguenze delle limitazioni alla mobilità tra Paesi legate alla pandemia. La Stone Oven House (Casa col Forno) di Rorà è tornata ad essere un ‘rifugio’ per artisti che provengono da tutto il mondo e nell’ultimo anno, i suoi ideatori – Claudia Beccato e Sergey Balovin – hanno trovato il tempo per sviluppare progetti e iniziative che coinvolgono il territorio. In stand-by c’è solo un progetto di scambio con la Cina.

Lui artista e lei editor, crearono la loro residenza d’arte nel 2017 e il nome che scelsero fu ispirato dalla prima casa che destinarono all’accoglienza e che si affaccia sulla strada principale che sale a Rorà (via Maestra). Lo scorso anno però l’attività viene completamente spostata a ‘La Vernarea’ nella cascina dove, durante le persecuzioni razziali contro gli ebrei, si rifugiò lo scultore Roberto Terracini con la propria famiglia. Nella residenza gli artisti vengono ospitati, in un ambiente favorevole all’espressione della propria creatività, e ricambiano con le loro opere che presentano durante la loro permanenza.

“Il lockdown della primavera dello scorso anno non ha stravolto completamente la nostra vita: a gennaio è nata la nostra bambina e quindi avevamo già deciso di prenderci del tempo tutto per noi” svela Beccato. Sono saltati comunque gli arrivi programmati ma con l’estate c’è stata la ripresa della vita artistica: “Già prima della pandemia in genere tutti gli appuntamenti si svolgevano all’aria aperta perché qui c’è disponibilità di spazi esterni – puntualizza Beccato –. Il pubblico quindi non è mancato lo scorso anno, anzi l’evento del 24 ottobre, che consisteva nella presentazione dei lavori del collettivo Weaverbirds, di Federico Intrisano e di Tarik Hanif, ha attirato un numero di persone maggiore rispetto al solito”.

Tuttavia gli arrivi dalla Russia e dalla Bielorussia – dove Beccato e Balovin hanno molti contatti – sono ancora bloccati. Le assenze sono state compensate dagli artisti locali: “Abbiamo iniziato a lavorare di più con chi vive in zona e il loro contributo è stato importante per farci conoscere sul territorio” spiega Beccato.

È grazie al passaporto belga che l’artista bielorussa, Natalya Zaloznaya, ha potuto raggiungere a luglio la Stone Oven House dove con un’opera di land art ha offerto la sua interpretazione del tema ‘Rifugio’, scelto dalla residenza per l’anno in corso. “Agli artisti chiediamo di lavorare sul quel tema e data la situazione politicamente tesa che vive nel suo paese, per Natalya la Casa col Forno ha rappresentato proprio un luogo dove sentirsi protetti”. Nel prato retrostante la Casa, Zaloznaya ha posizionato una porta che si apre verso le montagne: “Perché anche la natura può rappresentare un rifugio” riflette Beccato.

Ora lei e Balovin si prendono cura del fotografo italiano Nicola Bertasi, si apprestano ad ospitare l’artista statunitense e sceneggiatore Davis Alianiello, e attendono di sapere se sarà finanziato un progetto che hanno ideato con Alessandra Simeoni per portare l’arte performativa sul territorio, con spettacoli a Rorà, Luserna San Giovanni, Torre Pellice e Barge. Rimane in stand-by invece il progetto di scambio con una residenza artistica vicino a Shanghai: “Ci hanno contattati perché vorrebbero creare un ponte per gli artisti verso l’Italia, ora però tutto è fermo perché gli scambi con quel Paese sono ancora troppo difficili da organizzare”.

Elisa Rollino

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