“Il Pinerolese è un territorio estremamente fragile, ma ha potenzialità inespresse. Bisogna superare la stanchezza e la rassegnazione”. Il pastore valdese Gianni Genre è originario dell’Alta Val Germanasca, vive a San Secondo di Pinerolo e per 13 anni si è preso cura della comunità pinerolese. Da un anno è tornato nella sua valle per occuparsi di alcune chiese da Massello a Perrero.
“Viviamo in un’area depressa, e non basta fare riferimento a Torino, anche perché i collegamenti sono ‘fragili’”. Genre nota nel Pinerolese una certa “stanchezza e rassegnazione”, legata al fatto che molti giovani si sono allontanati e l’età media si è alzata: “Io sono un’europeista e uno dei miei figli è andato in Francia a studiare e si è fermato a vivere là. È un fatto che molti giovani abbiano fatto la scelta di allontanarsi dal loro territorio, perché non si è offerta loro la possibilità di rimanere qua”.
Anche se alcuni segnali di attenzione al territorio e alla montagna sono comparsi negli ultimi anni: “Ci sono piccoli segnali in controtendenza, con giovani che credono nella montagna, ma dobbiamo fare di più”. Secondo lui Pinerolo e il Pinerolese hanno “potenzialità inespresse”, perché “ci sono aspetti culturali e storici da valorizzare: Pinerolo per quasi un secolo è stato l’avamposto della Francia e di Re Sole”.
Per mettere a frutto queste potenzialità servono risorse, ma anche la voglia di osare di più e mettersi in gioco: “Dobbiamo combattere contro il disincanto e la rassegnazione. Spero che ci sia la volontà politica e delle persone singole di fare di più – sottolinea –. Bisogna anche affrontare sfide importanti. Per esempio, a Prali, tra qualche anno non ci sarà più neve, mentre quando ero bambino ce n’era per diversi mesi l’anno. Ora è difficile pensare a questo paese senza turismo invernale, ma si sta facendo qualcosa per la stagione estiva (tra cui l’apertura del Prali Adventure Park, ndr)”.
Stanchezza e rassegnazione si avvertono anche nelle chiese valdesi, soprattutto in comunità che un tempo erano un fiore all’occhiello, come quelle che segue oggi: “Rappresentavamo un soggetto politico e culturale importante, ma non possiamo vivere di passato e diventare un museo – conclude –. Non c’è solo una crisi vocazionale, ma anche la difficoltà di trovare persone che si impegnino nella chiesa, come non si trovano per altre realtà comunitarie come pro loco o associazioni”.