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Attualità | 26 dicembre 2021, 15:19

Luserna San Giovanni: l’uomo che correva con i cani racconta le sue avventure in un libro

Viaggiatore e allenatore delle mute, che percorrono le foreste innevate del Quebec, Davide Benech ha messo alla stampa i suoi ricordi

Davide Benech

Davide Benech

Tanti patiscono il ‘Mal d’Africa’, lui quello del ‘Grande Nord’: Canada, Finlandia e la regione della Lapponia, soprattutto. Il lusernese Davide Benech non ha smesso di viaggiare ma, raggiunti i 55 anni, ha deciso di fermare sulla carta i ricordi: “Il rischio era di perderli, per questo li ho raccolti in un libro” racconta. Stampato a novembre e presentato a dicembre al rifugio Sap e al rifugio Vaccera, ‘Oltre la grande quercia’ è un misto di diari di viaggio e narrazioni a ritroso di un uomo che dal 1991, anno del suo viaggio di nozze, in poi, ha continuato ad imbarcarsi soprattutto verso le regioni più fredde, imparando a dirigere slitte trainate dai cani nelle foreste innevate, sui corsi d’acqua ghiacciati.

Tutto però parte da una grande quercia, in via Fuhrmann a Luserna San Giovanni, nel prato della casa di famiglia: “Una pianta secolare salendo la quale ho compiuto il mio primo viaggio, anche se immaginario. Un albero che continua ad accompagnare la mia quotidianità a Luserna San Giovanni, rastrellandone le foglie, estraendole dalla grondaia in cui creano ingorghi”. Dopo un’esperienza in fabbrica, Benech ha fatto il giardiniere, attività che gli ha permesso per anni di partire d’inverno per lavorare come allenatore di cani da slitta in Canada. “Terminata la stagione dei crisantemi partivo per Quebec. Lì mi aspettavano un centinaio di cani che dovevo preparare prima dell’arrivo dei turisti. Rimanevano fermi tutta l’estate, fino alle prime nevi, dovevo quindi farli correre per recuperare – spiega –. Di giorno i giri con le diverse mute, la notte battevo le piste per gli allenamenti”. Il lavoro gli era stato offerto per la sua resistenza al freddo: “Ho sempre sopportato bene la basse temperature, quella più ‘estrema’ che ho incontrato durante i miei viaggi è stata di -33 gradi”.

A sopportare il freddo, e a ‘leggere’ la neve, aveva imparato fin da piccolo, durante le gite in montagna con il nonno – Enrico Malan –, che abitava anche lui nella casa con la quercia secolare in via Fuhrmann. Malan non è l’unico famigliare coinvolto nelle avventure che Benech racconta nel suo libro: “All’età di 13 anni portai mio figlio in Quebec: ci aspettava una discesa in canoa tra i laghi e fiumi sui quali, di inverno, quando sono gelati, corro con i cani”. Un’avventura di 10 giorni immersi nella natura da cui ne escono tutti e due con una consapevolezza diversa: “Lui con una maturità inaspettata, io con un’immaturità mal celata” rivela Benech.

Diciassettenne, Stefano Benech accompagnò nuovamente il padre ma questa volta nelle corse sulle piste ghiacciate a capo delle mute di cani: “Proprio il diario che Stefano tenne in quei giorni mi ha permesso di ricostruire parte di quel viaggio”.

Conclusa l’avventura letteraria – anche grazie a un’insegnante di suo figlio, Simona Camusso, che ha seguito la stesura dei testi –, Benech prepara il prossimo viaggio: “Uno dei posti in cui vorrei tornare è il parco ‘Urho Kekkosen Kansallispuisto’, nella Lapponia finlandese, al confine con la Russia”. Un luogo che ha già visto in passato: “L’ho amata perché è una ‘zona mossa’, non piatta come grossa parte della Lapponia – racconta –. Foreste molto fitte, composte da pini, e betulle dalle forme contorte del vento, sono intervallate da laghi estesi incastrati tra colline. Sulle colline più alte, oltre i 400 metri di quota, la vegetazione è cristallizzata dal freddo”. Un posto in cui per un viaggiatore solitario è molto facile incontrare le renne e per rifugiarsi ci sono i bivacchi incustoditi.   

Elisa Rollino

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