Smart working. E’ questa la parola entrata in maniera preponderante nel mondo del lavoro, a seguito della pandemia. Nel rivedere le abitudini, nel ripensare spazi e modi di comunicare, il lavoro quotidiano dei torinesi non è più quello di prima. A rivelarlo è l’indagine su salute e sicurezza in relazione al lavoro in modalità smart working condotta dalla Cgil Torino e dal Centro Ricerche Themis.
Smart working promosso, ma non mancano i problemi
Prendendo un campione di 3.378 persone, il 62,3% crede che i vantaggi derivanti dallo smart working superino gli svantaggi. Il 25,4% crede che il rapporto sia svantaggioso, mentre il 12,3% che si equivalga. Impossibile non rilevare come il 57% dei lavoratori in smart working siano donne. Tra i problemi maggiormente segnalati da impiegati amministrativi, tecnici, impiegati, quadri, dirigenti e operatori, vi è quello della postazione id lavoro: il 32% infatti afferma di non avere una postazione adeguata, con arredi e strumentazioni spesso non forniti dall’azienda.
Un’altra criticità sollevata? Gli orari di lavoro: paradossalmente infatti, il 27,2% delle persone intervistate ha detto di essersi trovate a lavorare più di prima. Il vero dramma, però, riguarda l’isolamento sociale: un lavoratore su due, infatti, ha affermato di patire la solitudine e il mancato confronto con i colleghi. Immancabili poi le criticità relative a connessioni inadeguate (26,5%) e anche la conciliazione tra vita e lavoro.
Smart working, I benefici secondo i lavoratori
Non mancano però i benefici: a esultare per l’introduzione dello smart working sono soprattutto i pendolari. La riduzione del pendolarismo è stata accolta con favore dal 75,9% degli intervistati. Inevitabile anche un buon grado di soddisfazione per le minori spese (42,7%) e per un maggior tempo passato in famiglia (42,5%).
Enrica Valfrè: “Le donne rischiano di essere penalizzate”
“Lo smart working non è una forma di conciliazione tra lavoro e vita: rischia di penalizzare le donne, è una trappola in cui non dobbiamo cadere. E’ una diversa condizione di lavoro, che può migliorare o peggiorare le condizioni” è il monito lanciato da Enrica Valfrè, segretaria generale Cgil Torino. “Tra luci e ombre dello smart working è certo che bisogna abituarsi a questa nuova forma di lavoro, senza confonderla con il telelavoro o home working". "Sicuramente porta vantaggi per chi ha da gestire una vita famigliare e non dimentichiamo che dal punto di vista ambientale i dati ci dicono che la riduzione della riduzione degli spostamenti è stata significativa” ha affermato Federico Mensio, Rsu Flai Cgil, auspicando spazi dedicati per chi vive ogni giorno in questa condizione di lavoro. “Lo smart working pre-pandemia, benché regolato dalla legge, ha poco a che fare con quello di questi mesi, intanto perché deciso unilateralmente dai datori di lavoro (pubblici e privati), e per le dimensioni quantitarive che ha assunto” ha affermato Federico Bellono. “Con la fine dell'emergenza sanitaria lo smart working è destinato a cambiare ulteriormente: in qualche modo dovrà essere ri-regolato e probabilmente sarà caratterizzato da un utilizzo meno "totalizzante" ma alternato al lavoro in presenza” ha concluso il segretario provinciale della Cgil.