Seconda Pasqua in lockdown, ma potrebbe essere meno amara di quella precedente. Le aspettative degli artigiani alimentari del nostro territorio quest’anno, infatti, sono migliori rispetto al 2020, quando le restrizioni tennero chiusi i negozi piccoli, mentre i grandi centri commerciali rimasero attivi.
Rispetto allo scorso anno, la produzione e la vendita di prodotti dolciari artigianali (uova di Pasqua e colombe) destinati alle festività pasquali hanno registrato +25%.
Una crescita importante rispetto a quando - per la Pasqua 2020 - in Piemonte si erano registrate perdite per 40 milioni di euro in un mese.
“Dagli ordini che stiamo registrando in questi giorni di avvicinamento alla Pasqua -afferma Dino de Santis, Presidente di Confartigianato Torino- registriamo un flebile segnale di ripresa per i dolci di Pasqua, in primis per le uova e per le colombe, anche se siamo ancora lontani dallo standard di vendita della Pasqua pre-covid”.
La vendita diretta della pasticceria artigianale coinvolge in Piemonte 1.618 imprese di pasticceria e gelateria nelle quali lavorano 4.780 addetti, un settore caratterizzato da un’elevata vocazione artigianale, con circa 1.200 imprese artigiane, che si stima rappresentino il 76,4% del comparto. Per questo Confartigianato Torino vuole promuovere l’acquisto dei prodotti tipici locali: “Sosteniamo i prodotti tipici locali artigianali acquistandoli nei laboratori di prossimità”, dice De Santis.
“Protagonista indiscussa di Pasqua sarà la colomba -prosegue il presidente di Confartigianato Torino -. Un classico che conta poco più di cent'anni (nacque nel milanese nel 1919) e che dal 2005, in base al decreto ministeriale del 25 luglio ha una sua specifica denominazione. “Colomba” non si può applicare ai prodotti di altri Paesi europei. Inoltre, nel dicembre 2009, il Ministero dello Sviluppo Economico ha stabilito le indicazioni specifiche sugli ingredienti da riportare sull’etichettatura dei prodotti alimentari e prodotti dolciari da forno. Norme alla mano i prodotti che utilizzano forme e modalità di presentazione identiche e confondibili con i prodotti disciplinati, ma sono identici solo all'aspetto, sono imitazioni. Per chiamarsi colomba, un dolce deve avere almeno il 16% di burro, uova di categoria “A”, cioè fresche e in quantità tale da garantire almeno il 4% in tuorlo, latte, miele, burro di cacao, eccetera. In una colomba “falsa”, invece, si possono trovare ingredienti molto diversi: prevalentemente, si tratta di dolci che contengono ingredienti scadenti, ad esempio grassi idrogenati, pochissimo burro e uova e molto zucchero, per “coprire” la qualità inferiore”.
“Siamo consapevoli che questa pandemia con i suoi risvolti economici/finanziari influenzerà negativamente gli acquisti - conclude De Santis - per questo occorre sostenere le imprese artigiane, già duramente provate da un anno di restrizioni e chiusure a singhiozzo, acquistando i prodotti artigianali attraverso l’asporto e il delivery nei laboratori di prossimità”.