Fatturati in calo di almeno il 40%, consumi in picchiata (-10 miliardi) e 12 mesi funestati dal Covid che tutto il mondo del commercio vorrebbe mettersi in fretta alle spalle. Invece il peggio potrebbe ancora essere in attesa di manifestarsi, nel corso del 2021.
Sono tante le preoccupazioni che emergono dall'analisi di un anno di pandemia da parte di Confesercenti Torino e Piemonte. Occupazione, consumi, fatturato: gli indicatori sono tutti pesantemente negativi, sia per il commercio che per il turismo (uno dei comparti che si è fermato per primo e che non è ancora ripartito, causa Coronavirus). “Abbiamo voluto - spiega Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti - fare un bilancio, come in questo mesto anniversario si sta facendo a livello sanitario. Non perché l’àmbito aziendale e quello della salute pubblica siano paragonabili, ma per sottolineare il fatto che la crisi economica sta aggiungendo problemi a problemi e rischia di rivelarsi una ‘bomba sociale’ pronta a esplodere”.
Dodici mesi da incubo in cifre
Nonostante il blocco dei licenziamenti, sul fronte dell'occupazione negli ultimi dodici mesi la pandemia ha ‘licenziato’ soprattutto gli indipendenti: in Piemonte si tratta di oltre 12mila fra titolari e collaboratori/coadiuvanti. Questo numero rappresenta circa la metà della riduzione dell’occupazione che si è registrata in quest'arco di tempo nella nostra regione e il 25% erano imprese con dipendenti.
Un'emergenza cui il ricorso alla cassa integrazione non è stato sufficiente, tra ritardi e difficoltà. Commercio e turismo da soli hanno assorbito in questo ultimo anno quasi il 60% delle ore di cassa integrazione sul totale di quella concessa in Piemonte (circa il 35% per il commercio e circa il 25% il turismo).
Intanto, insieme all'incertezza, i consumi hanno tirato il freno. Per commercio e turismo nel periodo febbraio 2020 - gennaio 2021 si è registrata una perdita di spesa complessiva di 10 miliardi rispetto agli stessi mesi del 2019, dovuta sia alle chiusure forzate delle attività, sia al perdurante smart working (che ha tenuto la gente a casa, limitando i pasti fuori), sia al timore del futuro che induce i piemontesi a limitare gli acquisti.
Al tirare delle somme, il calo di fatturato medio per le aziende di questi settori oscilla fra il 35 e il 40%, con punte molto più alte nel settore del turismo: -70% per gli alberghi, campeggi e rifugi alpini, -60% per bar e ristoranti, -80% per bus turistici e noleggi con conducente, -90% per guide, agenzie di viaggio e animatori turistici. E poi -30% nel dettaglio non alimentare (sia negozi, sia mercati), con il settore abbigliamento e calzature in particolare sofferenza (-40%). Vendite in calo anche nella distribuzione carburanti (-30%).
Chi va in controtendenza
In questi 12 mesi di emergenza, però, i bisogni non si sono annullati: sono piuttosto cambiati, anche radicalmente. Ma questo ha permesso ad alcuni settori di resistere, se non addirittura di crescere. Su tutti, il settore alimentare, che registra un incremento del 10-15% e un ritorno dei consumatori al negozio di vicinato. Una delle poche note positive in una situazione assai critica. Un altro settore che vanta risultati positivi è quello delle librerie: dopo anni di calo, dall’inizio del lockdown e sino a ora, ha registrato incrementi nelle vendite che si possono valutare nel 20% in media.
Un effetto benefico che si è riflesso anche sugli agenti di commercio di questi particolari settori. Se infatti il calo medio delle provvigioni è stato di circa il 30%, si registrano punte positive del 15-20% nell’alimentare. Gravi invece i cali nell’abbigliamento (-50%), nell’Horeca (pubblici esercizi e accoglienza: -65%), oltre a un disastroso -90% nel turismo.
Il timore per il 2021: "Se non cambia qualcosa, sarà la resa"
“La situazione delineata da queste cifre - commenta Banchieri - è drammatica: lo sanno benissimo i colleghi, perché l’hanno vissuta e la vivono ogni giorno. Ma se non si interviene con provvedimenti finalmente efficaci e sostanziosi, il 2021 rischia di essere ancora peggiore. Finora le imprese in qualche modo hanno retto e hanno scommesso sulla ripresa; alcune, anzi, sono ‘reinventate’, alla scoperta di nuovi mercati e di nuove modalità di consumo; la cassa integrazione e i pur insufficienti ristori hanno in parte mitigato l’emergenza. Tuttavia, la resistenza delle imprese è al limite: o cambia davvero qualcosa, o il 2021 sarà l’anno della resa”.