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Economia e lavoro | 11 novembre 2020, 10:15

Buffo: “La politica dei sussidi non può essere la soluzione tout court: serve un nuovo Patto sociale per Torino e l’area metropolitana”

Nel 2019 le famiglie piemontesi in povertà assoluta erano il 5,9%: duecentomila. Una delle principali mense dei poveri torinesi ha registrato un incremento dell’80% delle richieste

Buffo: “La politica dei sussidi non può essere la soluzione tout court:  serve un nuovo Patto sociale per Torino e l’area metropolitana”

Torino e il Piemonte dichiarati “zona rossa” d’Italia per l’emergenza Coronavirus, si aggiudicano anche la maglia nera delle famiglie nel Nord in condizioni di povertà assoluta, serve un “Patto sociale” per Torino e la sua area metropolitana in grado di scardinare questa catena negativa.

“La povertà che affligge Torino non è dovuta soltanto al difficile anno in corso – spiega Giancarlo Buffo, imprenditore torinese – Le sue radici vanno ricercate oltre 10 anni fa, quando dopo il picco dell’Olimpiadi invernali a Torino del 2006, il 2008 ha segnato l’inizio di un crollo economico”. Oggi la fotografia è impietosa: uno studio a livello nazionale condotto dall’Istat e ripreso e ampliato da altri soggetti autorevoli ha confermato che nel 2019 le famiglie piemontesi in povertà assoluta – “con livelli di spesa mensile equivalente, inferiori alla linea standard di oltre il 20%” – erano il 5,9%.

Circa duecentomila famiglie sotto la soglia di povertà, dato verosimilmente in aumento nel corso del 2020, sono persone non in grado di acquistare beni di prima necessità, dagli alimenti ai medicinali. Solo nei cinque mesi che vanno da marzo a luglio di quest’anno la mensa del Cottolengo in corso Regina a Torino segnala un aumento dell’80% di richieste di un pasto, passando dai 12mila 500 del 2019 agli oltre 22mila 500 nello stesso periodo del 2020 e in tempo di Covid i volontari scarseggiano per vari motivi: alcuni sono positivi al virus, altri hanno paura di contagiarsi. Sempre in Piemonte il reddito tra il 2007 e il 2016 è sceso di circa il 12% e le recenti iniziative di reddito di cittadinanza o bonus, senza scomodare esempi più recenti e quasi irriverenti di questi giorni, non hanno potuto arrestare la curva discendente.

Non va meglio per le imprese, anzi, proprio la crisi economica ha favorito questi scenari, peggiorati ulteriormente a causa delle emergenze in atto. Un’altra ricerca presentata a inizio ottobre da Unione industriale e Confindustria a Torino denuncia “il forte aumento delle disuguaglianze economiche e sociale e l’aumento della povertà”. I circa 2 mesi e mezzo di fatturato persi a inizio anno sono stati fatali e ora ci attende una nuova paralisi. Il mondo imprenditoriale, pur riconoscendo una disoccupazione alta e quella giovanile al 30%, hanno anche ammesso che i dati sono viziati dalla cassa integrazione e dal blocco dei licenziamenti: uno scenario che potrebbe compromettersi ulteriormente nel 2021.

La politica degli aiuti e dei sussidi non può essere la soluzione tout court: oggi l’emergenza Covid-19 è ancora più penalizzante rispetto alla precedente di marzo e può favorire alcune élite di persone, le imprese leader del delivery ad esempio note anche per lo sfruttamento dei rider, a discapito delle fasce più deboli – commenta Buffo –. Giusto investire invece nella Sanità ma oltre a stanziare e chiedere risorse occorre sancire un Patto sociale a più ampio raggio”. Tutti gli indicatori di benessere hanno la luce rossa e per invertire questo andamento, bisogna far nascere risposte concrete, strategie di uscita dal tunnel e di ricostruzione: la collaborazione tra pubblico e privato deve scardinare questa nuova crisi.

“Un esempio potrebbe essere incentivare e supportare le attività commerciali disposte a donare i propri prodotti e merci ai bisognosi, partendo da questo periodo in cui le zone rosse come la nostra sono colpite da chiusure improvvise, penso a bar e ristoranti” propone Buffo. I modelli virtuosi a cui ispirarsi sono tanti e sparsi in tutti il mondo: in Tunisia è stata approvata recentemente una Legge sull’Economia sociale e solidale ad esempio ma per restare nei nostri confini in Toscana esiste una Scuola di Economia Civile dove si teorizza e insegna l’Economia di Comunione e tornando in Piemonte la tradizione dei Santi sociali torinesi è sempre viva.

“In questi giorni in Italia si fa sentire forte l’appello e l’esortazione a impegnarsi a pensare agli altri, ai più fragili, ai meno giovani, ai più poveri; cerchiamo di vivere con pazienza questi giorni. È giunto il tempo di cambiare rotta anche a Torino con un Patto sociale a livello nazionale da calare in una Carta dei valori che risponda alle singole esigenze dei territori, diciamolo con l’hashtag #CorriTorino”.

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