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Scuola e formazione | 21 maggio 2020, 18:32

Il grido dei nidi privati del Pinerolese: «I bimbi tra 0 e 3 anni sono stati dimenticati»

L’incertezza per il futuro delle strutture colpisce operatori e famiglie ed è sfociata in diverse proteste

La manifestazione di oggi a Torino

La manifestazione di oggi a Torino

Un gruppetto di titolari e operatori del Pinerolese oggi è andato a Torino per partecipare alla protesta di fronte alla Regione. Martedì invece c’è stato un flash mob informatico per chiedere a Cirio e alla sua Giunta di dare certezze sulla riapertura degli asili nido privati.

Le strutture infatti stanno patendo un rimpallo tra Governo e Regione e chiedono certezze: «Vorremmo sapere se e quando possiamo aprire, perché è fondamentale per programmarci, ma anche per dare risposte alle famiglie. Invece di noi e dei bambini da zero a tre anni non se ne parla proprio. Non esistiamo» spiega Monica Michellino, contitolare del nido Marameo di Vigone, che a febbraio, prima della chiusura aveva 35 posti tutti occupati.

La chiusura delle scuole e l’incertezza verso il futuro ha spinto titolari e operatori a organizzarsi per confrontarsi e scambiarsi informazioni: «Da Torino è nato un gruppo WhatsApp che con il passaparola ha raggiunto circa 170 strutture del Piemonte, tra cui diverse del Pinerolese – racconta Michellino –. Martedì abbiamo organizzato un flash mob informatico che ha visto titolari ed educatori inviare un’e-mail in contemporanea al presidente della Regione Alberto Cirio e agli assessori Chiorino e Caucino, la stessa cosa l’hanno fatta i genitori».

Silvia Tamarin, titolare de La Piccola coccinella di Pinerolo fa parte di quel gruppo WhatsApp e oggi è andata anche a Torino con altre persone del Pinerolese: «La situazione di Pinerolo è particolare: i nidi sono 8, di cui 7 privati e 1 comunale, per un totale di 250 bambini. Ma collaboriamo insieme da anni, perché il nostro obiettivo è unico, cioè rispondere alle esigenze delle famiglie». Anche Tamarin conferma che a pesare come un macigno è l’incertezza: «Probabilmente in estate non potremo aprire e a settembre si parla di una data dal 1° al 15, ma nulla di certo. E questo ci mette in difficoltà, perché le famiglie ci chiedono risposte che non possiamo dare». La situazione, ovviamente, è complicata anche sotto il profilo economico: «La cassa integrazione scade a inizio giugno e c’è il rischio che i dipendenti restino senza stipendio (peraltro i soldi sui loro conti devono ancora arrivare, ndr) – sottolinea –. Noi, malgrado la chiusura, abbiamo molte spese a cui far fronte, dall’affitto alle bollette, più le tasse che sono solo sospese». Il timore è che qualcuno non ce la faccia ad arrivare a settembre: «Qualcuno di noi potrebbe anche chiudere e sarebbe un problema, perché i bisogni delle famiglie non potrebbero essere soddisfatti per intero».

Marco Bertello

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