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Attualità | 05 febbraio 2020, 20:28

Cure mediche e trapianti: i minorenni possono essere in grado di decidere per la propria salute? Da Torino arriva un test "nato" al Regina Margherita

Un team multidisciplinare dell'Università ha elaborato una procedura che può diventare uno standard in tutta Italia. Mori: "Ci sono ragazzi che la malattia rende più maturi e consapevoli di tanti adulti"

Cure mediche e trapianti: i minorenni possono essere in grado di decidere per la propria salute? Da Torino arriva un test "nato" al Regina Margherita

Tutto è cominciato al Regina Margherita, tre anni fa, quando un giovane malato di fibrosi cistica si mostrò in disaccordo con i propri genitori sulla decisione di poter subire un trapianto di polmone: lui accettava l'intervento, avvenuto poi con successo, mentre la madre e il padre erano contrari. È stata quella la scintilla che ha generato un ragionamento sulla capacità dei ragazzi, anche se non maggiorenni, di poter fornire un consenso informato sulla propria salute e, di conseguenza, sua propria vita (e sopravvivenza, in alcuni casi).

Il traguardo è la prima "Procedura per il consenso informato" che un team di lavoro di 13 persone dell'Università di Torino è riuscito a mettere a punto e che ora, è la speranza dei promotori, potrebbe estendersi agli ospedali del nostro territorio, ma anche del resto d'Italia. Il primo passo è stata la pubblicazione sulla rivista interdisciplinare "Bioetica".

"Vogliamo fornire una procedura - spiega Elisabetta Bignamini, direttrice di pneumologia pediatrica dell'ospedale torinese dei bambini - che possa diventare uno standard e che può essere esteso a tutti quei pazienti che sono in grado di decidere in autonomia. È un passaggio che noi vogliamo fare prima ancora di arrivare alla proposta del trapianto, per valutare comunque la consapevolezza del paziente".

Trapianti, ma anche trattamenti e cure in generale. A finire sotto la lente d'ingrandimento sono tutte quelle scelte che a oggi vengono prese unicamente dai genitori, anche se il figlio si trova in un'età in cui il paziente può già esprimere una propria idea o inclinazione. "Per arrivare a questa procedura abbiamo fatto ricorso a più discipline diverse - commenta Maurizio Mori, professore ordinario di bioetica e filosofia morale -. Anche perché ci troviamo di fronte a minori che, per quello che hanno passato, si sono trovati a dover maturare molto più in fretta rispetto anche a tanti adulti e assumono capacità di autodeterminazione. Ma si trovano in una specie di limbo normativo, mentre esistono parametri psicologici che permettono di valutarne la maturazione personale".

La Procedura passa attraverso alcuni test specifici che valutano la capacità decisionale dei minori, per poter "superare - come spiegano i promotori - la presunzione che un minore non sia in grado di decidere".

"Bisogna pensare inoltre che la procedura si può applicare non solo a fronte di una posizione non in armonia tra il minore e i genitori, ma anche tra genitori in disaccordo - sottolinea Giancarlo Di Vella, docente di medicina legale all'Università e responsabile del servizio di medicina legale per Città della salute -. Con un metodo rispettoso del diritto e della deontologia, si può valorizzare la consapevolezza del minore su ciò che si andrà a fare. Non tanto prima, ma anche durante e dopo il trapianto, dove la partecipazione responsabile del paziente è fondamentale".

"Vogliamo esortare gli altri centri in Italia a provare il test - conclude Elena Nave, bioeticista del Regina Margherita - magari in abbinamento ad altre valutazioni, per poter portare avanti questo tipo di approfondimento".

Massimiliano Sciullo

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