Attualità - 27 agosto 2025, 08:15

Trent’anni dalla legge regionale sull’inserimento dei detenuti nata a Pinerolo

Una proposta innovativa partita da un gruppo di lavoro coordinato dal senatore Elvio Fassone

Trent’anni dalla legge regionale sull’inserimento dei detenuti nata a Pinerolo

“Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato” è ciò che dice l’articolo 27 della Costituzione ed è anche il criterio che ha ispirato la legge regionale n. 45 del 23 marzo 1995. All’origine del progetto quattro persone che lavoravano a stretto contatto con i detenuti della Casa circondariale di Pinerolo: il senatore Elvio Fassone, estensore della bozza di legge, il professor Gianni Losano, la professoressa Teresa Ferrero e il professore Giorgio D’Aleo.

“Era un gruppo ristretto di persone qualificate, io ero lì nella mia qualità di insegnante dei corsi di alfabetizzazione all’interno del carcere di Pinerolo – racconta D’Aleo –. Il nostro modo di interpretare il dettato costituzionale consisteva nel coinvolgere i detenuti inducendoli a svolgere delle azioni positive in cambio del turbamento dell’ordine costituito che era venuto a verificarsi a seguito del loro atto delittuoso”. Un concetto che si pone in antitesi con l’afflizione di una pena in cambio del male fatto: “La legge regionale si ispira infatti a un altro criterio: tu hai fatto un male, hai infranto la legge, ma io ti induco a fare un bene a favore della collettività”.

La prima proposta di legge risale alla fine degli anni ’80, ma il Consiglio di Stato si oppose in quanto riteneva che la materia penitenziaria fosse di esclusiva competenza del governo centrale. Dopo la cassazione fu il senatore Fassone a istruire la pratica di ricorso e l’approvazione definitiva arrivò nel marzo 1995.

La legge 45/95, composta da sette articoli, prevede che la Regione Piemonte, nell’ambito delle proprie attività, possa impiegare detenuti in regime di semilibertà o ammessi al lavoro esterno per lo svolgimento di lavori socialmente utili. L’obiettivo, decisamente innovativo a quell’epoca, era integrare i detenuti nel mondo del lavoro, offrendo loro la possibilità di contribuire alla protezione dell'ambiente e facilitare il loro reinserimento nella società. 

“Nel testo vengono individuate delle attività lavorative nel settore pubblico laddove l’ente pubblico era, ed è in parte ancora oggi, carente, ad esempio per la cura del verde pubblico, delle aree demaniali, delle aree montane – descrive –. In questo modo è stato possibile sottolineare tranquillamente il fatto che non si andavano a rubare delle occasioni di lavoro alle persone libere. Una delle obiezioni era proprio stato quella. Era comunque un concetto che trent’anni fa, ancora più di oggi, era difficile da far capire”.

Questa squadra poté agire grazie anche al contributo del maresciallo comandante Colle, che aveva una forte possibilità di intervento e orientamento: “Seppur esterna al gruppo di lavoro, non è stata assolutamente una figura meno importante. Ha offerto a noi, personaggi esterni all’Amministrazione, una possibilità”.

La legge nacque infatti all’interno di una serie di attività, come la redazione di un giornale, informatica e laboratori di poesia e pittura, che portò nel carcere di Pinerolo un livello di grande dinamismo e prospettive di reale inserimento.

Gli stessi detenuti interessati presero parte anche alla discussione della bozza di legge. “Un’occasione più unica che rara. Mi ricordo che l’articolo discusso in classe riguardava proprio il criterio di individuazione dei detenuti, laddove nelle dinamiche all’interno del carcere stesso si privilegia un rapporto di sudditanza all’autorità. Analizzare questi criteri di scelta insieme aumentava il loro grado di responsabilità, erigendoli proprio a livello di cittadino responsabile del proprio destino e di quello della collettività in cui si trova a operare”, conclude D’Aleo.

Sabina Comba

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO AD AGOSTO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
SU