Correva l’anno 1927…
“E va beh” - direte voi - “Stavolta la stai prendendo davvero larga!”
Ne vale la pena, vi rispondo io, perché stiamo per parlare di un vero e proprio capolavoro del cinema d’animazione, le cui origini risalgono davvero, in qualche modo, a un film omonimo nato proprio in quell’anno lì. Il titolo è “Metropolis”.
Nel 1949, ad opera di Osamu Tezuka, si è aggiunto poi un manga con lo stesso nome.
Entrambe le opere hanno come location, forse è meglio dire come protagonista, appunto Metropolis, una città immaginaria e ultratecnologica. Da esse trae spunto il mangaka Katsuhiro Ōtomo, nel 2001, per dare vita all’anime oggetto di questo articolo.
Alcune sequenze del film “Metropolis” del 1927
Copertina di una ristampa del 1979 del manga “Metropolis”
L’anime “Metropolis”, dopo un ottimo restauro, ha fatto ritorno nelle sale cinematografiche, proprio all’inizio della settimana appena trascorsa, per la precisione il 13, il 14 e il 15 ottobre. L’iniziativa fa parte del progetto “Anime al Cinema” di Nexo Studios, che già mesi fa ha riportato nelle sale “Akira” di Katsuhiro Ōtomo, ottenendo ben 55.000 spettatori.
Il trailer dell’anime “Metropolis”
Ma analizziamo più nel dettaglio l’ “albero genealogico” di questo anime.
Scritto dallo stesso Katsuhiro Ōtomo (autore di manga di successo come Fireball, il già citato Akira e ZeD), “Metropolis”, come abbiamo detto, prende spunto prima di tutto dal manga omonimo di Osamu Tezuka. Quest’ultimo, va precisato, è una vera e propria leggenda del fumetto mondiale, un precursore, il padre dei manga; fu lui a introdurre, per dirne una, i “grandi occhi” tipici dei personaggi del fumetto giapponese; fu lui a concepire, per la prima volta, una tipologia di fumetto non destinato più soltanto a divertire i bambini (sì, come il nostro Buzzati, ne abbiamo parlato un paio di settimane fa).
Quanto alle opere di Tezuka, è sufficiente nominare “Kimba il leone bianco”, “Astro Boy”, “La Principessa Zaffiro”, personaggi che hanno conosciuto una fama pressoché mondiale.
Osamu Tezuka
Il manga “Metropolis” di Tezuka prende a sua volta spunto dall’omonimo film di Fritz Lang del 1927, considerato, quest’ultimo, l’antenato di tutte le moderne opere di fantascienza quale che sia il media da cui sono nate.
Le trame delle “Metropolis”, film, manga e anime, si somigliano in alcuni punti, ma non sono identiche.
Il film muto di Lang è ambientato in una città futuristica divisa in due: in alto la classe dirigente, in basso gli operai che tengono in moto le macchine. Freder, figlio del governatore Joh Fredersen, scopre la condizione degli operai e si innamora di Maria, una giovane che predica la pace tra le classi. Lo scienziato Rotwang costruisce un androide con le sembianze di Maria per scatenare il caos. Alla fine, dopo rivolte e distruzione, Freder diventa il “mediatore” tra padroni e lavoratori
Nel manga di Tezuka, il detective Shunsaku Ban e suo nipote Kenichi, giunti a Metropolis, città futuristica dominata dalla tecnologia, indagano su misteriosi esperimenti di ingegneria umana. Il magnate Red Duke vuole creare un essere perfetto, Tima, un androide dalle sembianze umane, destinato a governare il mondo. Ma Tima sviluppa coscienza e sentimenti, ribellandosi al suo creatore. Alla fine, in un’esplosione tragica, la città viene distrutta.
Infine, nell’anime di Ōtomo, disegnato con una cura del dettaglio quasi inumana, la vicenda ruota ancora intorno a Tima, creata dal Duca Red per controllare il sistema centrale Ziggurat. Kenichi e lo zio Shunsaku Ban la proteggono e cercano di salvarla. Tima, credendo di essere umana (chi sono io?), entra in crisi quando apprende la sua natura artificiale, simile a quella dei robot, discriminati e sfruttati dagli uomini. Il finale è tragico: Tima impazzisce, distrugge parte della città e muore, lasciando Kenichi solo tra le rovine.
In tutte e tre le opere, e in particolare nell’anime, le tematiche legate all’attualità sono molteplici: una parte della società è reietta, sottomessa, sfruttata (in questo caso i robot), un’altra parte è governata, forse ostaggio, di un’intelligenza artificiale che governa ogni momento della sua vita.
Tima, qui evidente citazione della Maria del 1927, personaggio struggente e melanconico, disegnato con una grazia quasi divina, pur essendo un androide, rappresenta paradossalmente il desiderio di avere un’anima, anela senza speranza alla bellezza e alla naturalezza dei sentimenti umani. Questa sua ricerca viene sottolineata da una colonna sonora di brani jazz (chiamato in causa perfino Ray Charles), che commuove ulteriormente lo spettatore e lo coinvolge totalmente nel dramma vissuto dalla ragazza robot.
Tima in una scena dell’anime
La nuova stagione di Nexo Studios “Anime al Cinema” è stata distribuita in collaborazione con i media partner Radio Deejay, MYmovies, Cultura POP e ANiME GENERATION.
Noi ci rileggiamo la prossima settimana.