“Dimenticate quello che sapete sulla religione e mettete da parte le ferite subite in passato. Imparate piuttosto a conoscere Gesù Cristo perché è lui la risposta”. Con questo appello alla comunità torrese, che sta per lasciare dopo otto anni di attività sul posto, Jessica Welch – Tursi da nubile – saluta il paese diventato per lei speciale. Trentottenne, ufficiale del movimento evangelico dell’Esercito della salvezza, assieme al marito Christopher Welch, dal 2015 si occupa della sede di via Cavour 9 che si affaccia anche su corso Gramsci. Proprio da questa strada, attraverso il portone spesso aperto, sono entrate in sede in questi anni numerose persone per assistere al culto domenicale, per acquistare prodotti usati al Rishop, per pranzare assieme nei momenti di Selah Café, per imparare l’italiano o ricevere l’aiuto dei pacchi alimentari oppure in dono un pollo ḥalāl per festeggiare anche con i mussulmani il Natale.
Domani, lunedì 12 giugno, i coniugi Welch con i figli Liam di nove anni e Rafaël di sette, saliranno sull’aereo che li porterà in Florida dove hanno avuto un incarico nella città di Saint Petersburg che conta più di 250.000 abitanti e si trova non lontano dalla più nota città di Tampa. “Questo cambiamento ci spaventa ma abbiamo fiducia in ciò che ha preparato il Signore per noi – rivela Welch –. In particolare Rafaël è preoccupato di allontanarsi dalla maestra Sandra a cui è molto affezionato, ma spesso è suo fratello maggiore a fargli coraggio”.
Per moglie e marito però la Florida non è un posto nuovo, Christopher ha vissuto lì diversi anni, e nello stato hanno già avuto un incarico di tre anni prima di partire per Torre Pellice. Sempre lì hanno frequentato la ‘scuola militare’ che prepara a diventare ‘capitani’ dell’Esercito della salvezza, titolo che hanno ottenuto entrambi nel 2012. Da allora si alternano per celebrare i culti domenicali. “Io sono pacifista ma l’utilizzo dei termini militari non mi spaventa. D’altronde noi siamo impegnati in una lotta contro il male e in particolare a me interessa combattere la solitudine” racconta.
E tra le prime cose che ha fatto Welch è stato proprio intessere relazioni. “Partendo dai negozianti, andando a fare la spesa ad esempio il giovedì pomeriggio quando in giro c’è poca gente e c’è la possibilità di parlare” racconta. Sua anche l’idea di offrire un ristoro agli ambulanti che vendono i prodotti agricoli sotto l’ala di corso Gramsci il mercoledì e il venerdì: “Una notte d’inverno guardando fuori dalla finestra mentre allattavo Rafaël mi sono resa conto del freddo bestiale con cui gli ambulanti montano i loro banchi. Da quel momento abbiamo deciso di portargli un caffè e un tè caldo tutte le mattine”. D’estate poi hanno continuato a portare il caffè ma accompagnato da tè freddo: “All’inizio ci guardavano con diffidenza e ci chiedevano ‘Basta dire grazie?’, poi si sono abituati e una mattina c’è chi è arrivato a rimproverarmi con affetto: ‘Ti aspettavo mezz’ora fa!’”.
Oltre gli ambulanti, hanno imparato a conoscere i capitani Welch anche gli abitanti di Torre Pellice: “Nonostante la diffidenza iniziale è un paese accogliente, tranquillo. È un posto adatto a riprendere il fiato”.
La comunità di fedeli è cresciuta dal loro arrivo fino alla pandemia, quando il trend si è interrotto: “È come la gente si fosse abituata a stare a casa e sono diminuite le persone che vengono la domenica al culto”. Ad oggi sono una quarantina i fedeli, una trentina quelli che partecipano ai culti e una ventina invece i volontari impegnati nelle attività della sede come il Rishop e la distribuzione di pacchi alimentari ogni mese ad ottanta famiglie. “Alcuni dei volontari sono fedeli altri no, hanno solamente voglia di rendersi utili. E visto che per circa un anno non verremo sostituiti, toccherà a loro portare avanti le attività avviate” rivela Welch.
Originaria di Napoli, nata da famiglia italo-svizzera, Jessica spera di tornare in futuro in Italia e lascia Torre Pellice con un augurio: “Auspico che i credenti si concentrino su Gesù, piuttosto che sulle tradizioni. Queste infatti possono dividere, mentre lui è il nostro comune denominatore”.