Politica - 12 marzo 2021, 17:35

Ripresa e resilienza, la ricetta dei sindacati: "Ci sono sei missioni da compiere per rilanciare il Piemonte"

Il documento è stato presentato a livello regionale da Cgil, Cisl e Uil. "Pronti a fare la nostra parte su digitale, green, infrastrutture, istruzione, lavoro e salute: serve una cabina di regia. E prolungare cassa integrazione e blocco dei licenziamenti"

Tre persone al tavolo

I tre segretari regionali di Uil, Cgil e Cisl lanciano un messaggio comune per il rilancio del territorio

Un'impresa da compiere in 6 mosse: sei missioni, per le quali è necessario che tutti facciano la loro parte e si muovano in totale coordinamento. E' il messaggio che i sindacati piemontesi - Cgil, Cisl e Uil - lanciano alle istituzioni e alla politica con un documento presentato a livello regionale, in un momento in cui il nostro territorio (e non solo) si trova a un bivio: da una parte un anno di emergenza e crisi profonda, dall'altro la possibilità di rialzarsi, grazie a fondi europei che arriveranno in quantità uniche, nella storia. Bisogna riprogettare e ripensare tutto il sistema, perché alcuni di segni di sofferenza risalgono al 2008 o al 2012, ben prima del Covid.

Lo scenario, ovviamente, è quello della pandemia e i tanti danni che ha portato con sé, a livello di salute pubblica e non solo. Sul tavolo, sei strumenti che devono essere attivati per restituire slancio all'economia, ma anche all'occupazione e a tutto ciò che ruota intorno alla dimensione produttiva. Digitale, green, infrastrutture, istruzione, lavoro e salute, ecco le parole d'ordine.

Un appello alla Regione e a tutte le forze in campo

"Ci rivolgiamo alla Regione e alla Giunta Cirio - dice Pier Massimo Pozzi, segretario regionale di Cgil -, ma anche a tutte le associazioni imprenditoriali, alle Università e a chi, secondo noi, può avere idee che aiutino il Piemonte a spendere bene i soldi che arriveranno attraverso i progetti in via di definizione". "Ma la condizione fondamentale è contenere e combattere il virus, altrimenti tutto il resto diventa difficile da raggiungere".

"Serve una cabina di regia - conclude Pozzi -, ma che non sia un organismo inutile: serve un luogo concreto, pragmatico, in cui si possano individuare le opinioni comuni tra le parti coinvolte, non solo sul momento, ma anche per il futuro, visto che elementi come lo smart working, per fare un esempio, continueranno ad avere effetti anche dopo la pandemia".

"La condizione del Piemonte ci vede fanalino di coda nel Nord - dice Alessio Ferraris, segretario di Cisl Piemonte - e quindi è il momento di fare sistema. Non sarà semplice spendere bene questi denari, occorreranno volontà politica, ma anche competenze tecniche. Non si conosce la cifra complessiva, ma un'idea ce la siamo fatta: sono cifre che possono davvero riscattare il Piemonte e fargli risalire la china: tutti sappiamo che ce n'è un'estrema necessità".

"Il recovery poi si svolge da domani al 2026: ecco perché serve un confronto serio, organico, ma soprattutto permanente - aggiunge Ferraris - e se nessuno può farcela da solo, noi siamo pronti a fare la nostra parte e a metterci in gioco. Ci sarà una transizione da gestire, sia per quanto riguarda i primi auspicabili effetti del fondi europei, sia per il momento in cui termineranno ammortizzatori sociali e stop ai licenziamenti".

"Anche gli ultimi dati export dimostrano di come il Piemonte faccia peggio del resto del Paese - aggiunge Gianni Cortese, segretario regionale di Uil -, oltre a un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali, con perdite economiche non indifferenti. Il doppio rispetto al 2010, che fu l'anno peggiore e undici volte rispetto al 2019".

"Ma ci sono anche eccellenze, nella nostra regione - conclude Cortese -, ma se saremo bravi quando arriveranno le risorse messe a disposizione dall'Europa, allora potremmo cambiare il volto della nostra regione e del nostro Paese. Ci vanno di mezzo le persone in carne e ossa, di oggi, ma anche le future generazioni che potrebbero pagare le lacune già esistenti, a cominciare da quelle infrastrutturali".

 

Occupazione e non solo: ecco i dati che spaventano

L'aspetto che più sta a cuore ai sindacati, ovviamente, riguarda l'occupazione: sono dati che preoccupano, soprattutto se abbinati a quelli della precarietà e della povertà. Il Piemonte - che fa registrare un tasso di disoccupazione dell’8,4% (un paio di punti più alto di quelli registrati in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) - occupa circa 1.811.000 persone, di cui il 77% con rapporto di lavoro dipendente. Oggi la distribuzione complessiva degli occupati regionali nei tre settori tradizionali registra 1.186.000 lavoratori nei servizi (65,5% del totale, di cui 239.600 nel Pubblico Impiego), 563.000 nell'industria (31,2%) e 62.000 nell’agricoltura (3,3%).

Secondo Banca d’Italia, il Pil piemontese ha subito un calo nel primo semestre 2020 del 12,5% rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre relativamente al terzo trimestre il Pil è sceso del 5,5%. E nell’ultimo anno hanno perso il lavoro 65mila persone, impiegate per lo più con forme contrattuali precarie e a tempo determinato, alle quali non è stato rinnovato il contratto, di queste la maggioranza sono lavoratrici. Ma nella pandemia sono aumentate le dimissioni volontarie delle donne, fascia fragile come quella dei giovani, dove la disoccupazione, anche tra i laureati, vede solo il 20% che trova lavoro in tempi ragionevoli.

A livello di ammortizzatori, nel 2020 sono state autorizzate 371 milioni di ore delle varie tipologie di ammortizzatori sociali, in prevalenza cassa integrazione in deroga. Ma al tempo stesso il 30% delle aziende locali fatica a trovare personale con competenze adeguate. E nessun settore produttivo è immune da difficoltà: le situazioni di crisi aperte nella nostra regione coinvolgono circa 4.000 lavoratori, mentre ulteriori tensioni sociali sono state evitate solo dall’estensione della cassa integrazione Covid e dal blocco dei licenziamenti. "Che vanno prorogati per tutti i settori produttivi", dicono i sindacati.

Industria e territori "specializzati"

Il Piemonte rimane una delle regioni a più alta concentrazione industriale d’Europa, per il contributo al PIL regionale, all'occupazione e ai processi d'innovazione. Vanta significative presenze industriali in tutti i settori produttivi, pur con andamenti economici differenti. "Saranno determinanti gli investimenti pubblici e le politiche volte ad attrarre quelli privati, entrambi indispensabili per conseguire l’auspicato rilancio dell’intera economia piemontese". E tutti i settori dovranno prestare enorme attenzione a processi di innovazione che riguardano digitalizzazione, l’intelligenza artificiale e la conversione all’energia pulita. "Su queste priorità vanno indirizzate le politiche regionali per le tecnologie d’avanguardia, la creazione e lo sviluppo delle start up, l’evoluzione dei Poli di innovazione, la formazione".

Innovazione e tradizione: il caso dell'automotive

Inevitabile, peraltro, ribadire la rilevanza dell’automotive, "più importante comparto industriale italiano, caratterizzato da profondi cambiamenti, che recano incertezze e nuove opportunità. L’autoveicolo può offrire nelle nuove dimensioni societarie e di prodotto l’occasione di investimenti utili a gestire una delicata transizione della manifattura piemontese. Sarà importante utilizzare una parte delle risorse del Recovery Plan per investimenti nelle nuove forme di mobilità, dall’ibrido all’elettrico, fino all’idrogeno, coinvolgendo Eni ed Enel. Occorre puntare ad ospitare uno dei Poli industriali previsti dai piani Europei per la ricerca, lo sviluppo, la produzione di batterie elettriche, impegnando il sistema delle imprese, il Politecnico, il sistema bancario e la cassa depositi e prestiti. Serve una particolare attenzione verso la neonata Stellantis, in particolare per le strategie future. Va attentamente valutata la possibile cessione di CNH per le ricadute sull’occupazione e il mantenimento del progetto di un polo di sviluppo dell’idrogeno".

Rilanciare il terziario, soprattutto il turismo

Un capitolo a parte merita il terziario, dove convivono imprese di eccellenza e attività a basso valore aggiunto che utilizzano tipologie contrattuali deboli e precarie. "La chiusura di bar, ristoranti, musei, biblioteche, teatri, cinema, spettacoli, attività turistiche ha colpito un settore importante nella nostra Regione. C’è, da una parte, la necessità di garantire sostegni ai lavoratori coinvolti, dall’altra di rilanciare il turismo e aumentarne le potenzialità inespresse - dicono i sindacati nel loro documento -. Sarebbe utile, in proposito, un coordinamento capace di promuovere e mettere a sistema queste opportunità per offrire ai visitatori della regione pacchetti turistici integrati. Vanno, inoltre, attentamente valutati gli effetti prodotti dalla diffusione dello smart-working sui pubblici esercizi, in particolare nei maggiori agglomerati urbani". 

Le fratture del mattone: 15 miliardi ancora al palo

Per quanto riguarda l’edilizia, in Piemonte ci sono circa 400 medie e piccole opere pubbliche ancora bloccate. Si parla di cantieri che valgono 15 miliardi di euro che potrebbero creare 60mila posti di lavoro nel settore delle costruzioni e quasi altrettanto nell’indotto. "Per avere un quadro completo riteniamo che la regione Piemonte attraverso i suoi Enti strumentali e Istituti di ricerca debba predisporre una unica banca dati degli appalti pubblici di opere, servizi e forniture, al fine di verificarne l’effettiva realizzazione e valutarne i risultati, attraverso un Comitato di Monitoraggio partecipato dalla Regione, dagli Enti locali, dalle Associazioni Imprenditoriali, dalle Organizzazioni sindacali".

Il nodo della Pubblica amministrazione sempre più anziana

Un ulteriore ragionamento lo merita la situazione complessiva dei comparti della pubblica amministrazione, secondo Cgil, Cisl e Uil: "E' in costante peggioramento ed è necessario un piano straordinario di assunzioni, in considerazione del mancato rinnovo del turnover da diversi anni, dei nuovi pensionamenti e dell’età media degli addetti, che supera abbondantemente i cinquant’anni".

Massimiliano Sciullo

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