io_viaggio_leggero - 18 ottobre 2025, 07:00

Copàn Honduras, un viaggio silenzioso tra le rovine Maya e la comunità locale

In questa rubrica troverete interviste a viaggiatori e racconti di viaggio vissuti in prima persona. Luoghi da scoprire, avventure emozionanti e storie di vita. Se hai un’esperienza da raccontare… scrivi a: ioviaggioleggero@gmail.com

La strada verso Copán si piega tra colline e campi di mais, come un nastro di terra che unisce il presente a un tempo passato. Il minibus bianco avanza esausto tra le salite e la polvere, attraversando villaggi di legno e lamiera dove il sole scivola sui tetti e i bambini giocano ai bordi della carreggiata. Ogni curva apre una nuova prospettiva: pendii coperti di banani, valli umide, piantagioni di caffè. Poi, all’improvviso, la foresta si fa più densa e appare la valle di Copán: un luogo nascosto tra le montagne dell’Honduras occidentale, a pochi chilometri dal confine con il Guatemala.

 

L’ingresso al sito archeologico è discreto, una parete di pietra e legno con la scritta Bienvenidos Sitio Maya de Copán. Entrare nel parco è come attraversare una soglia invisibile. Il rumore della strada svanisce e resta solo il suono degli uccelli. Le guide camminano lente, con il cappello di tela e un bastone levigato dall’uso. Una di loro solleva una piuma rossa e dice: “Ogni pietra è una parola scritta per non morire.” La voce si perde tra le foglie alte, dove il sole filtra a chiazze e il tempo sembra sospeso. Un’ombra colorata attraversa l’aria. È un’Ara Macao, il suo piumaggio un’esplosione di rosso, giallo e blu. Si posa su una ringhiera e resta immobile, con lo sguardo fiero di chi appartiene a un’altra epoca. I Maya la veneravano come incarnazione del sole, e qui è tornata libera dopo decenni di assenza. Nel suo volo c’è la memoria che si fa carne, la bellezza che resiste al tempo.

 

Le prime rovine compaiono dopo pochi passi: muri bassi, scalinate, figure scolpite. Le steli raccontano re e dei, vite che si sono fatte pietra. Una, più imponente, raffigura “18 Conigli”, il sovrano che fece di Copán un centro d’arte e spiritualità. Il suo volto, scolpito con un’eleganza che sfida l’erosione, guarda ancora verso l’orizzonte. Più avanti, la Scalinata dei Geroglifici si erge come una montagna di simboli. I glifi, incisi nei gradini, narrano storie di dinastie, battaglie, sacrifici. Alla base, figure mitiche sorreggono la struttura, come se la fede avesse ancora un peso fisico. Intorno, la giungla osserva in silenzio. Gli uccelli volano bassi, custodi inconsapevoli di un’eredità millenaria. Il vento muove appena le foglie, e per un momento tutto sembra tornare al principio: la pietra, la selva, il respiro della terra. Camminando si percepisce un equilibrio raro, una continuità tra natura e memoria. Copán non parla ad alta voce: sussurra, e chiede ascolto. È un luogo dove il passato non si mostra, ma si lascia intuire, come un’eco nel verde.

 

A pochi chilometri dalle pietre sacre, la storia continua in un’altra forma. La cittadina che accoglie i visitatori, vive del ritmo lento e paziente dell’America Centrale. Le sue case basse, color terracotta o ocra, si affacciano su strade acciottolate che risuonano al passaggio dei tuk-tuk. Sui tetti, i fili elettrici si incrociano come ragnatele e i balconi di legno sono adornati da vasi di fiori. Qui la vita quotidiana convive con la memoria, senza mai trasformarla in museo. La giornata comincia presto: le donne lavano i panni nei cortili, gli uomini trasportano casse di frutta. Dalla piazza principale arriva l’odore di caffè tostato e tortillas calde. I bambini, in divisa, vanno a scuola ridendo, mentre gli anziani siedono davanti alle botteghe. Tutto si muove con una calma antica, come se il tempo avesse un altro passo. Ogni gesto è lento ma preciso, ogni incontro è un saluto che conosce la sua importanza. Sull’angolo tra due vie, un edificio rosso porta una scritta bianca: Souvenirs Yak Kuk Mo. Dentro, un artigiano modella statuette di pietra, piccole copie delle steli Maya. Lavora in silenzio, con la concentrazione di chi ripete un rito più che un mestiere. Quando gli chiedo se il turismo ha cambiato la città, sorride appena. “Un po’ sì,” dice, “ma la gente resta la stessa.” Il suo sguardo torna subito al lavoro, come se le parole non bastassero a spiegare ciò che il gesto racchiude.

 

Il mercato è un mondo a parte. I banchi di legno sono carichi di papaie, banane, meloni, e il profumo dolce della frutta si mescola a quello del mais arrostito. Ogni volto sembra raccontare una storia, ogni sorriso contiene un frammento di resistenza quotidiana. Nel pomeriggio, la luce si fa più morbida. Il sole scivola sui tetti, le ombre si allungano, il rumore delle motociclette si confonde con le voci. Quando cala la sera, il villaggio si accende di luci e profumi. I lampioni riflettono sulle pietre della strada, la musica latina esce dalle finestre aperte. Alla Parrilla al Carbón, un ristorante nel cuore del paese, il fumo della brace si alza lento, si mescola al chiacchiericcio e al tintinnio dei bicchieri. Dietro il bancone, anfore colorate e statue di terracotta vegliano sul fuoco. Tutto è essenziale e autentico: il sapore del mais, il profumo del legno, la calma nel servizio. Gli ospiti parlano piano, come se il rispetto per quel luogo imponesse silenzio anche nei momenti di festa.

Copán non è solo un sito archeologico. È un luogo dove la memoria ha trovato una forma quotidiana. Le pietre raccontano il passato, ma sono le persone a tenerlo vivo: nei gesti lenti, nella pazienza del lavoro, nei colori sui balconi delle case. Camminando per le strade si ha la sensazione che la storia e la vita si guardino da vicino, senza paura. Come se le rovine fossero un promemoria, non di ciò che è finito, ma di ciò che deve restare.

C’è un senso di appartenenza che unisce la comunità, forse perché qui la vita è fatta di piccole ripetizioni: il caffè del mattino, il saluto al vicino, le chiacchiere sotto il portico. E per noi di passaggio, basta un sorriso a colmare la distanza per sentirsi meno fuori luogo.

IN & OUT  COPAN

Porta con te

  • Una buona scarpa per camminare 
  • La protezione solare
  • La voglia del “Diverso”

Lascia a casa 

  • La Passione per il Cappuccino
  • La Felpa
  • La Programmazione

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Marco Di Masci