“Che possiate continuare a fare il vostro lavoro sempre con passione”: questo è l’augurio che il pastore Claudio Pasquet rivolge ai suoi ‘colleghi’ all’indomani della sua emeritazione. Sessantottenne, il 30 giugno infatti ha lasciato il servizio per aver raggiunto l’età della pensione. L’ultima Chiesa che gli è stata affidata è quella di San Secondo di Pinerolo dove è rimasto per 10 anni ma nella sua carriera ha toccato quasi tutti i paesi della vallata: “Ho iniziato nel 1980 come pastore a Cinisello Balsamo e mi occupavo, in particolare, dei giovani della Chiesa di Milano e sono stato anche a Brescia – racconta Pasquet –. Poi sono arrivato a Bobbio Pellice, in seguito a Luserna San Giovanni. Infine, prima di giungere a San Secondo di Pinerolo, mi sono occupato per 12 anni della Chiesa di Torre Pellice”.
La secolarizzazione
Una permanenza costante in Valle che gli ha permesso di seguire la moglie, quando si è ammalata gravemente, e che gli ha consentito di ‘registrare’ i cambiamenti del territorio: “Dal punto di vista sociale ho visto il passaggio da un periodo in cui un’attività tradizionale come l’agricoltura veniva abbandonata, ai giorni d’oggi, dove c’è una rinascita dell’interesse verso il settore tra le nuove generazioni”. Ma cambiamenti importanti sono avvenuti anche all’interno della Chiesa: “A partire dall’uso della lingua francese con cui un tempo veniva condotto un culto al mese e con cui si cantava in certe riunioni. Ora la consuetudine si è andata a perdere, determinando un impoverimento culturale”. L’evoluzione che più lo preoccupa però è quella della secolarizzazione che ha investito le comunità valdesi così come quelle di altre confessioni: “Si concretizza con una minore frequentazione del culto e con una maggior disinteresse all’educazione religiosa dei figli” afferma. Pasquet traccia la strada per il superamento del fenomeno: “Mi auguro che i valdesi sappiano riscoprire la loro vocazione di testimoni dell’evangelo. Che riscoprano i temi della fede e assieme della storia”.
Dialogo interreligioso
Nato nel 1955 da un matrimonio misto fortemente osteggiato, Pasquet ha visto cambiare anche il rapporto tra le confessioni religiose: “Con il fenomeno dell’immigrazione in Valle sono arrivate persone con fedi differenti. Quando ero pastore a Torre Pellice ho visto nascere la prima comunità islamica. Io e il parroco di allora fummo invitati all’inaugurazione della moschea e ho sempre lavorato per stabilire ponti e non muri”.
La vocazione
Ripercorrendo la propria storia personale, Pasquet spiega come la sua vocazione sia nata grazie agli incontri fatti nell’adolescenza: “Da giovane frequentavo la scuola domenicale ma fino ai 15 anni non avevo un particolare interesse a riguardo. Poi incontrai il pastore Alberto Taccia ed un gruppo di giovani colleghi che contribuirono a fare nascere in me l’interesse. Verso i 17 anni capii che nella vita non avrei potuto fare altro che il pastore” afferma. Studente dell’istituto tecnico per geometri, dovette quindi mettersi a studiare anche greco e filosofia per poter sperare di essere ammesso alla Facoltà di Teologia di Roma. Un sacrificio giovanile che però non ricorda con rammarico: “D’altronde ho avuto la possibilità di poter svolgere in Valle il lavoro che veramente volevo fare. Se penso che mio figlio ha dovuto emigrare all’estero per seguire la sua carriera, mi accorgo che è un privilegio per pochi”.
Non è l’unica passione che Pasquet ha coltivato: “Ho continuato ad occuparmi della storia valdese e sono stato membro della Società di studi valdesi e del Centro culturale valdese”. Inoltre, non ha mai perso un atteggiamento ‘glocal’ lavorando per la Comunione mondiale delle Chiese riformate, la più grande associazione di chiese calviniste nel mondo, dove è stato eletto nel comitato esecutivo. “È importante sapere di appartenere ad una famiglia molto più grande di quella in cui ci troviamo a vivere. D’altronde se i valdesi hanno potuto salvarsi è grazie alla solidarietà di Chiese di altri Paesi”.
La possibilità di confrontarsi tutti i giorni con la parola di Dio e di costruire relazioni, sono gli aspetti del lavoro che Pasquet ha amato di più: “Scoprire che a volte le cose dette durante la predica erano state utili a qualcuno, vedere le relazioni trasformarsi in amicizie e riconoscere che ogni volta, durante il culto, la parola di Dio arricchiva e trasformava anche me stesso, sono le tre soddisfazioni più grandi come pastore”.