Regione - 25 dicembre 2021, 15:00

Il fassone piemontese si presenta: “La mia carne, buona e sostenibile”

La tutela del consorzio Coalvi e le denominazioni IGP e SQN garantiscono alla razza piemontese altissimi standard di qualità: “La scienza dice che le carni non sono tutte uguali”

“La scienza dice che le carni non sono tutte uguali”

In dialetto piemontese, “fasson” significa modo, maniera. Ed è proprio da questo termine che la mucca di razza piemontese – più comunemente conosciuta come fassone – ha preso il proprio nome. Un animale “fatto bene”, con caratteristiche uniche che rendono la sua carne buona e tenera perché magra, con fibre muscolari di piccolo diametro e tessuto connettivo sottile che ne permettono una facile disgregazione; il tutto condito da un alto indice di sostenibilità. L'obiettivo di Coalvi, consorzio di tutela della razza piemontese, è quello di divulgare questa visione, promuovendo il lavoro dei 1400 allevamenti (per oltre 100mila capi, ndr), 70 macelli30 laboratori di sezionamento e 250 macellerie aderenti.

Scienza, carne e salute

I rappresentanti di Coalvi insistono, in particolare, sulle evidenze scientifiche e sulla costante collaborazione con il mondo della salute e della medicina, tra cui alcuni oncologi: “I dati - sottolinea il presidente Guido Groppo – attestano, al di là degli stereotipi, che la carne di fassone piemontese è indicata nelle diete degli sportivi, dei bambini e degli anziani. Le carni rosse non sono tutte uguali e ci stiamo battendo in tutte le sedi per promuovere questa visione: i 1400 allevamenti del gruppo sono imprese a conduzione familiare e non intensive, insediate in zone marginali e che praticano la transumanza e il pascolo in montagna”.

Lo standard di qualità e le denominazioni IGP e SQNZ

Gli standard di qualità sono riconosciuti anche a livello nazionale ed europeo con l'ottenimento delle denominazioni IGP (Indicazione Geografica Protetta) e SQNZ (Sistema di Qualità Nazionale in Zootecnia): “Il fassone - spiega il responsabile scientifico Luca Varetto – ha forme generose su telaio esile e garantisce un buon rendimento perché lo scarto è molto limitato. La produzione della sua carne è sostenibile perché il suo processo agricolo permette di rigenerare ciò che consuma senza lasciare ostacoli nell'ambiente; la sua presenza sul territorio, inoltre, corrisponde a 0,61 capi per ettaro a fronte di un vincolo regionale di 5”.

Sostenibilità ambientale

L'allevamento del fassone è, a detta degli operatori, anche testimonianza di basso impatto ambientale: “L'occupazione di suolo - prosegue – è ferma a un totale di 53 ettari, di cui almeno la metà lasciata a prato, fonte di biodiversità e garanzia paesaggistica. Come se non bastasse, l'allevamento è a ciclo un ciclo chiuso perché il 97% dei bovini viene allevato e macellato in Piemonte: meno un animale si sposta e più la sua carne sarà di qualità; il pascolo in alta quota, inoltre, permette un buon governo del paesaggio diminuendo il rischio di slavine in inverno”.

Sostenibilità sociale e igenico-sanitaria

La sostenibilità, infine, viene anche definita come sociale e igenico-sanitaria: “Per 1000 capi all'ingrasso – conclude Varetto - viene dato lavoro a 30 aziende e 30 famiglie, mentre nel settore industriale il sostentamento coinvolge solo il proprietario e 5 operai. Il basso contenuto di colesterolo provato dalle analisi fatte, infine, garantisce alla carne un basso indice aterogenetico e trombogenetico, simile ai livelli di alcune tipologie di pesce”.