A poco più di una settimana dall’avvio delle vaccinazioni anti Covid  nelle residenze per anziani di tutta Italia le Asl fanno i conti con  un’importante criticità. Chi può sottoscrivere il consenso informato per  conto di un ricoverato quando questi sia incapace di farlo? Ovvero, quando un deficit cognitivo della persona le renda impossibile una chiara manifestazione di volontà e questa non sia stata espressa in precedenza nelle forme ora previste dalla legge? 
Un  caso ricorrente là dove – ed è la norma, quando sono presenti parenti  stretti – a tutela della persona non sia già stato nominato un  amministratore di sostegno o un tutore legale. 
Nel solo Piemonte si parla di oltre 13mila persone, circa un terzo di quelle complessivamente ospitate nelle residenze assistite della regione. 
Il nodo è stato teoricamente sciolto dall’articolo 5 del decreto legge 1/2001 del 5 gennaio, quello col quale il Governo Conte ha  aggiornato calendario e modalità delle prossime chiusure regionali e  ridefinito i tempi del rientro in classe degli studenti superiori. 
Ripartito in dieci commi, il più corposo articolo del decreto prevede che in caso di incapacità naturale sia il direttore sanitario o il medico responsabile della struttura ospitante (o in loro mancanza il direttore sanitario della Asl competente), a fornire in forma scritta il consenso per conto del paziente. E che lo possano e debbano fare dopo aver "sentito  il coniuge, la persona parte di unione civile o stabilmente convivente  o, in difetto, il parente più prossimo entro il terzo grado". 
Questo se ovviamente gli stessi sanitari accertano che "il trattamento vaccinale è idoneo ad assicurare la migliore tutela della salute della persona ricoverata". 
In  mancanza di congiunti, o quando il parere di questi sia contrario, gli  stessi referenti devono però rifarsi al giudice tutelare del tribunale  competente, il quale ha 48 ore di tempo per esprimersi con un  decreto motivato: un termine scaduto il quale gli operatori potranno  procedere con la vaccinazione. Sempre al giudice tutelare possono però  rivolgersi anche i congiunti del paziente per il quale siano gli stessi  sanitari a non voler procedere con la vaccinazione.  
"Una prima quota di anziani non viene  vaccinata perché l’indicazione in questa fase è quella di non  somministrare il farmaco ha chi già contratto il Covid-19 – precisa il direttore dell'Asl Cn2 Massimo Veglio –  Dopodiché bisogna tenere conto di quanti non intendono farlo, una quota  che sulla popolazione generale è prossima al 20%. E infine vi sono,  appunto, i pazienti che tale consenso non sono in grado di esprimerlo".
Da qui l’esigenza di definire percorsi chiari e agili nelle  comunicazioni tra aziende sanitarie, strutture e tribunali, come  convenuto durante l’incontro che l'8 gennaio ha portato il direttore generale dell’azienda sanitaria langarola – insieme ai loro omologhi dell’Asl astigiana e della To5 di Torino – a conferire col presidente e il procuratore generale presso il Tribunale di Asti, competente per l’area.