Regione - 06 novembre 2020, 19:53

Cirio: "Il Piemonte pronto a fare sacrifici, ma li devono fare tutti quelli nelle nostre condizioni"

Il governatore: "Conosco bene la situazione della mia regione, ma senza misure omogenee l’Italia non ne esce. Quelle a spot non servono a nessuno. E oggi tutto il Paese è di fatto una zona rossa"

Il governatore Alberto Cirio in uno scatto di Barbara Guazzone

Le ragioni del Piemonte, penalizzato rispetto ad altre regioni nella valutazione dei criteri coi quali il Governo l’ha inserito tra le zone rosse italiane insieme a Lombardia, Valle d’Aosta e Calabria.

Dopo l’invettiva di ieri e dopo le repliche arrivate intanto dal Ministero della Salute, il governatore Alberto Cirio è tornato sul tema poco fa intervenendo all’approfondimento di Sky Tg24 “I numeri della pandemia”, entrando nel merito di scelte che non ha avuto indugi nel definire "senza logica", specie alla luce di dati di giornata che oggi hanno visto l’Italia salire a quota 38mila positivi, sebbene a fronte di 234mila tamponi record, con una percentuale di positivi sugli accertamenti al 16,1% (salita al 28% sui nuovi casi testati) e con un numero di decessi – 446, distribuiti su tutto il territorio – in linea con quelli l’Italia ha vissuto nella fase più critica della prima ondata, tra il 19 e il 20 marzo.

"Quella logica che io non vedo dovrebbe essere figlia di questi dati – ha spiegato il governatore piemontese –. Evidenziano criticità che testimoniano come il virus abbia ormai una diffusione nazionale. Io non ho contestato che il Piemonte sia finito in zona rossa: conosco bene le difficoltà che la mia regione sta attraversando a partire dal dato degli ospedalizzati. Ne sono talmente a conoscenza che ho anticipato misure molto rigorose. Ma avrei voluto che il Governo avesse utilizzato una logica: siamo di fronte a un virus che si diffonde in modo nazionale in modo omogeneo. E allora non bisogna dire che il problema è solo di quattro regioni e nelle altre zone si sta bene. Dietro a queste misure ci sono sacrifici come quelli di aziende che non riapriranno. Io so che abbiamo un problema, ma non sono il solo. Qui si rischia di fare come a marzo, quando si chiudeva per province. Se io devo chiedere un sacrificio ai piemontesi lo chiedo, ma lo devono fare anche quelli che hanno le stesse nostre condizioni".

"Il Governo –
ha proseguito il presidente regionale – ha compiuto una scelta dettata dal fatto che si sono utilizzati report come quello 24, riferito al 16 ottobre e quindi vecchio. Perché se avessero utilizzato dati attuali avrebbero avuto la testimonianza che c’è un aggravamento complessivo della situazione, mentre ci sono diverse regioni italiane che non erano calcolabili perché mancavano i loro dati. Il Piemonte è pronto a fare sacrifici, ma li devono fare tutti perché altrimenti questi non vengono capiti. Bisogna che i sacrifici abbiano una logica chiara e ben spiegata. Le misure omogenee servono, quelle fatte a spot si è già visto che servono a poco".

E ancora: "Qualcuno scambia questa mia posizione per una polemica politica, ma non è così. Il problema è che l’Italia è tutta rossa. Quando scendo in piazza e ho i ristoratori chiusi e questi mi chiedono perché a poche decine di chilometri possono rimanere aperti io come gliela spiego? In tutti questi mesi ho sempre spiegato con attenzione le mie ordinanze, molto restrittive. Ma c’è componente psicologica. Se l’Italia non esce tutto insieme dalla pandemia non sarà possibile uscirne nemmeno per il Piemonte. Nella nostra regione e nelle nostre imprese abbiamo da sempre una spiccata sensibilità sociale, per cui i sacrifici siamo abituati a farli, ma devono essere uguali per tutti".

RISTORI: "PER LE NOSTRE AZIENDE
DUE ANNI DI ESENZIONE DALLA TASSE"
Parlando invece degli aiuti annunciati dal Governo Cirio ha ribadito che "gli elementi di ristoro che chiediamo per le nostre imprese sono i soldi 'sul tavolo'. La gente non si fida più di leggere che sono stati stanziati miliardi, mentre sui conti correnti non arriva nulla. E con l’assurdità del dover dimostrare di avere subito un danno. Le aziende vanno aiutate per il solo fatto che riaprono. Bisogna dare loro fiducia. Come Regione abbiamo stanziato fondi per 130 milioni di euro a 170mila aziende, facendo arrivare quei soldi sui loro conti nel giro di un mese. Noi ora chiediamo che alle nostre aziende venga data l’esenzione totale di tutte le imposte 2020 e 2021 (…)".

LE BARELLE DI RIVOLI
E LE "COSE NON FATTE"
Interpellato invece sulla scena delle barelle di Rivoli e sui soldi che il Piemonte avrebbe invece dovuto spendere per preparare il proprio sistema sanitario alla seconda ondata della pandemia, il governatore ha snocciolato i numeri di quanto fatto "nei due mesi di tempo che abbiamo avuto, visto che la prima fase è finita a giugno". "Abbiamo lavorato e molto – si è difeso il governatore –. Rispetto a marzo la nostra sanità ha contrattualizzato 2.503 persone in più. Sulle terapie intensive avevamo una dotazione pre-pandemia di 327 posti e ci siamo attrezzati per arrivare a una dotazione emergenziale che oggi ci consente di avere 614 posti. Se noi non avessimo fatto questi passaggi, oggi sulle terapie intensive avremmo già un’occupazione del 100%. Poi dico, è complicato ricostruire una sanità dopo trent’anni di tagli. Non voglio dare colpe, perché questi tagli li hanno tutti, compreso il mio partito. Ma questa è la lezione che ci viene da questa emergenza". "Senza dire delle difficoltà che abbiamo sul personale, ancora falcidiato da tantissimi contagi", ha ancora rimarcato Cirio, citando poi l’accordo, appena chiuso, che garantirà agli ospedali piemontesi il supporto degli specializzandi degli ultimi due anni delle Facoltà di Medicina di Torino e Novara.

I TAMPONI MAI ARRIVATI
NELLE FARMACIE

Ultimo tema della disanima quello, doloroso, dei tamponi. "Oggi ne abbiamo fatti 21mila, a febbraio avevo due laboratori che facevano 240 tamponi al giorno" ha spiegato ancora il governatore, che interpellato sul tema dei test antigenici rapidi annunciati e mai arrivati nelle farmacia di tutte la regione ha precisato che "questa domanda andrebbe rivolta a Federmarma. I tamponi rapidi in Piemonte li usiamo già da un mese. Questo grazie al fatto che ad agosto, ben prima che il Governo si muovesse in questa stessa direzione, abbiamo fatto una gara per acquistarne 2,1 milioni. Li usiamo ad esempio nelle Rsa, dove ogni 15 giorni facciamo un screening totale degli ospiti. Per quelli che dovevano essere disponibili in farmacia sollecitiamo  quotidianamente Federfarma. Loro avevano fatto un accordo per farli effettuare da personale infermieristico, che però non è ancora partito".

Ez.Mas.