Salute - 01 febbraio 2020, 19:15

Coronavirus, parola al medico: quali sono i rischi reali, come si trasmette e i consigli per proteggersi [VIDEO]

Il Coronavirus è arrivato in Italia: quanto è grave il pericolo? C’è troppo allarmismo? Ne abbiamo parlato con il professor Giovanni Di Perri, direttore Clinica di Malattie infettive dell’Asl Città di Torino

Coronavirus è la parola sulla bocca di tutti. Si legge ovunque, se ne parla in ogni luogo pubblico Ci si preoccupa. Il virus proveniente dalla Cina che ha già causato  più di 200 morti nel mondo, è arrivato in Italia. Ad annunciarlo alla popolazione lo stesso premier Giuseppe Conte. Il consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato d’emergenza per sei mesi, stanziato 5 milioni di euro per contrastarlo e chiuso il traffico aereo da e per la Cina. 

Ma quanto è reale il rischio? E’ davvero il caso di preoccuparsi oppure vi è un allarmismo ingiustificato? Per rispondere a queste domande e per capire realmente cos’è il Coronavirus, quali sono i sintomi e come si combatte, abbiamo intervistato il professor Giovanni Di Perri, direttore Clinica di Malattie infettive dell’Asl Città di Torino.

- Cos’è il Coronavirus? Cosa sappiamo fin ora?

Noi ne conosciamo uno da molto tempo e fino a 18-19 anni fa per noi era una banalità, era il virus responsabile di circa il 15% dei raffreddori comuni. Poi, grazie a una serie di fenomeni demografici e sociali che fanno riferimento alla Cina, si è visto che questo virus è in grado di ricombinarsi con altri Coronavirus della stessa famiglia ma di origine animale. Questo ha dato in prima istanza quell'epidemia nota come Sars che interessò gli anni dalla fine del 2002 a metà del 2004: fu un'epidemia importante, che mise in campo attenzioni che non c'erano mai state prima sul Coronavirus ed è poi stata seguita da un'altra, quella del Coronavirus che causa la sindrome respiratoria del Medio Oriente, assai più importante a causa dell'elevata letalità. L'ultimo Coronavirus ci dimostra che effettivamente questa specie virale tende a combinarsi con facilità e abbiamo le notizie che sono in corso.

- Il virus è arrivato in Italia, l’ha rivelato il premier Conte.  E’ facile isolarlo o siamo di fronte a un rischio contagio elevato?

L'impressione è che il rischio contagio sia elevato. Se stiamo ai numeri assoluti e alla progressione degli stessi negli ultimi giorni, si vede che siamo vicini ai 10.000 casi e gli ultimi 4.000 li ha fatti nelle ultime 48 ore: il virus passa da un soggetto all'altro con facilità. Quello che forse ci risparmia un minimo di ansia è il fatto che al momento la letalità sembra essere di poco superiore al 2%. Questo apre prospettive meno drammatiche rispetto a quelle iniziali.

- Quali sono i sintomi che potrebbero evidenziarne la presenza?

Sostanzialmente si ricalca quella che noi chiamiamo sindrome influenzale. Un pacchetto di segni e sintomi che possono presentarsi in diverse circostanze: l'influenza da febbre, il Coronavirus da febbre, problemi alle vie respiratorie, tosse. I casi più gravi di infezioni da virus influenzale, così come quelli da Coronavirus, tendono a dare una polmonite interstiziale che in circostanze particolari può portare a insufficienza respiratoria, a sofferenza soggettiva e quindi a rischio di vita.

- Quali sono, per il momento, i rimedi per contrastare un virus che ha causato diverse vittime?

I rimedi contro la propagazione sono rimedi di natura comportamentale e logistica: isolare i casi, isolare i contatti finché non si chiarisce se è stata contratta l'infezione. Bisogna cercare di non metterli in un contesto di congregazione, come una sala d'attesa. Quello che stanno facendo i cinesi, modalità con le quali concordo, è di tenere più possibile a casa i soggetti a meno che non richiedano sostegno e assistenza. Nella maggior parte dei casi è un'assistenza di tipo supportivo, anti infiammatori. Laddove si prospetta una sovrapposizione batterica si usano antibiotici, qualora la forma clinica assumesse caratteri di gravità, si può pensare all'assistenza ventilatoria che può essere invasiva, intubazione o varie forme. E' il punto di arrivo più rischioso.

- Poniamo il caso che il Coronavirus arrivasse in Piemonte. Il nostro sistema sanitario è pronto ad affrontarlo? In che modo?

Dal punto di vista generale lo è, nella misura in cui è pronto ad affrontare l'influenza come fa ogni anno. Ci sono ancora incognite, non sappiamo tutto su questo virus. Siamo pronti nella misura in cui arriverà il Coronavirus: se arrivano 10 casi, 1.000 o 10.000 e in che tempo arriveranno. Tutto può portare a un collasso del sistema, dipende dall'intensità dello sforzo che verrà richiesto. Siamo vigili, pronti in termini culturali, organizzativi e diagnostici. Vedremo quello che succederà, l'Amedeo di Savoia, come centro di riferimento regionale, è anche un ospedale separato dagli altri: da questo punto di vista favorisce un certo tipo di gestione separata rispetto all'affollamento di un pronto soccorso.

- Lei potrebbe dare dei consigli pratici, applicabili nella vita quotidiana, per ridurre al minimo il rischio di contrarlo?

Dal più semplice non andare in Cina in questo momento sino al fatto di evitare i punti di assembramento se dovesse svilupparsi un contagio. Portare la mascherina laddove vi sia la possibilità di incrociare altre persone. Al momento, per quanto se ne sa, non andrei oltre misure del genere.

- Ritiene giustificato quello che è senza dubbio un allarmismo piuttosto evidente, anche a livello mediatico?

Bisogna analizzare alcuni elementi: la reazione della Cina è stata estremamente  energica. Questo ci fa riflettere, ci fa ritenere che il problema, che lo stanno vedendo loro, sia effettivamente di una certa magnitudo. Il discorso di un contagio globale, complessivo, come rischia di essere è un qualcosa che benché si parli di una letalità compresa tra il 2% e il 3% (quindi in riduzione rispetto alle stime iniziali), consideriamo però che la stessa "spagnola" alla quale attribuiamo circa 20.000.000 di morti nel 1918, si stima oggi che avesse avuto una letalità del 5% circa. Se il contagio andrà su grandi numeri, allora farà sentire un peso importante dal punto di vista sanitario, della domanda assistenziale e del contenimento epidemiologico.

Andrea Parisotto